Il commercio degli autografi a Cannes è un affare da professionisti

Quello di Jean-Luc Godard vale 500 euro, molto quotato anche quello di Kristen Stewart

Jean-Luc Godard si guarderà bene dal farsi vedere a Cannes. La proiezione del suo «Le livre d’images», oggi, promette di essere una delizia per i suoi ammiratori incondizionati e una croce per tutti gli altri, ma il maestro dei maestri, pare proprio, non si appaleserà. Ormai è come la Garbo o i gloriosi caduti nelle rievocazioni delle patrie battaglie: presente ma assente (oppure assente ma presente, insomma c’è ma non si vede).

Pero JLG è già in testa alla hit parade degli autografi, o meglio del loro mercato. Il solito informatissimo «Nice-Matin» (per forza, gioca in casa) ha dedicato un’inchiesta a quell’economia parallela che vive sul Festivalone, tutto un mondo di affittacamere, maschere, guardie giurate (nel senso che hanno giurato di controllarvi per bene all’ingresso a costo di mettervi in mutande, e quel che è peggio lo fanno), autisti, accompagnatori e altra varia umanità. Compresi, appunto, i commercianti di autografi: non i dilettanti che rivendono la preziosa firmetta su eBay, ma i professionisti, quelli che proprio lo fanno di mestiere.

Esiste, si scopre, una vera Borsa dell’autografo, che ovviamente più è raro e meglio si vende. Ovvio quindi che quello di Godard, che non esce praticamente mai dal suo eremo svizzero, tipo Voltaire o Rousseau, sia stimato almeno 500 euro. Segue Kristen Stewart, ormai consacrata egeria della moda e lanciatrice numero uno di tendenze (dunque, è doloroso dirlo ma siamo qui per informare, non per consolare, è da temere che presto si vedranno per le strade delle cofane alla Evita come quella che lei sfoggia attualmente qui) e valutata quindi sui 200 euro. Molto di più della pur divinissima ma meno adolescenziale Cate Blanchett, 60 euro, o dell’altra giurata Léa Seydoux, 40.

Stessa cifra per un altro giurato maschio, il regista Denis Villeneuve, mentre per la coppia d’apertura del Festival le quotazioni salgono: 80 euro per un autografo di Penelope Cruz, 50 per quello del di lei marito, Javier Bardem, ma molto di più per una firma doppia sulla stessa foto.

Ognuno, insomma, si sceglie i suoi feticismi. Fra i lavoratori «a margine» del Festival quello che preferiamo, però, è lo strillone di «Libération». Il giornale della sinistra-sinistra (anche un po’ chic, però) è quello che su Cannes fa le pagine più divertenti, quindi è irrinunciabile. Naturale che scompaia dalle edicole a tempo di record (chissà perché nessuno pensa di mandarne qualche copia in più: collezionismo anche in questo caso?). Per fortuna c’è lui, il popolarissimo «omino-Libération», che da anni, tutte le mattine, si spolmona davanti al Palais du Festival con la sua litania tipo muezzin: «Libé, demandez Libé, Libé!». Meraviglioso, fra Zola e un film in bianco e nero dell’epoca del Front Populaire. Tanto che, lo confesso, la mia «Libé» la compro sempre da lui, anche nella remota eventualità che, per una volta, sia comparsa in edicola.

Alberto Mattioli, La Stampa

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