Joe Bastianich: “Divento aggressivo solo per combattere la timidezza, io sono dolce”

Quando sua mamma Lidia cucinava per lui i piatti tipici italiani, Joe Bastianich pensava solo a una cosa: «Scappare prima che potevo per andare da qualche amico a mangiare hamburger e hot dog. Erano gli anni 70, venivo da una famiglia di migranti, povera. Non c’era niente di bello per me in quella tradizione». Come si cambia. E non solo perché poi Bastianich sulla tradizione enogastronomica italiana ha costruito una fortuna, ma anche perché oggi l’imprenditore-conduttore-musicista debutta con una nuova trasmissione in cui la famiglia e i piatti tipici sono gli ingredienti principali. Family Food Fight, al via domani, alle 21.15 su Sky Uno e Now Tv, è una sfida tra famiglie che gareggiano con le loro ricette di una volta. Giudici, Antonino Cannavacciuolo, Bastianich e sua mamma Lidia.

Torna a occuparsi di cucina. Cosa l’ha convinta?

«Da sempre penso che la vera cucina italiana non sia nei ristoranti stellati ma nelle case in cui mamme e nonne sono ai fornelli. La cucina non è solo questione di tempi di cottura o altri tecnicismi: parla di emozioni e di famiglia. È una cosa più dolce, più bella».

C’è della tenerezza. Ma non era il cattivo della tv?

«Ma io sono sempre stato dolce… sicuramente non sono un agnellino ma non credo di essere così cattivo. So che all’inizio della mia carriera in Italia potevo sembrarlo. Forse dietro quella “cattiveria” c’era un po’ di aggressività: il mio rimedio contro la timidezza».

E come mai era aggressivo?

«All’inizio non è stato facilissimo cimentarmi in un ambito nuovo, in una lingua e in una cultura un po’ diversa. Certo, tra le mie virtù la pazienza scarseggia e sono molto esigente sul lavoro. Ma resto un tranquillo, non mi sento un cattivo. Non lo sono. Dovreste vedere mia madre quante volte mi ha ripreso sul set di Family Food Fight».

Quindi il giudice severo era un po’ un personaggio?

«Era come mi sentivo in quel momento. Poi sì, possiamo dire che è diventato un personaggio… ma sono sempre stato me stesso. Credo che si veda bene la mia evoluzione in tv. Dal cattivo sono diventato un po’ lo psicologo, semplicemente perché avevo preso più confidenza e superato in parte la mia timidezza».

Ora si trova sul set con sua mamma. È mai stata una presenza ingombrante?

«Non è stato facile crescere accanto a due donne italiane forti come mia madre e mia nonna. Io volevo rifuggire completamente dalle loro origini e tradizioni per essere un americano al cento per cento. Ero davvero un cretino, ma ricordo bene le sue sfuriate, da mamma italiana. Ancora oggi, a 50 anni passati, ho paura delle sberle di Lidia. Devo stare molto attento in pubblico, non si farebbe problemi a mollarmene una se deve».

La tv è ormai una parte importante della sua vita, vero?

«È una seconda carriera che mi piace molto. Amo l’aspetto creativo. Ho avuto la fortuna di scoprirlo a 40 anni e non me lo sarei mai aspettato dalla vita: era stato Gordon Ramsey a propormi di fare tv, nella prima edizione di Masterchef Usa. Ma non mi riguardo mai in tv: me lo ha consigliato proprio lui e l’ho preso alla lettera».

Le persone come si comportano quando la vedono?

«Negli Usa sono visto come un ristoratore che fa anche lo showman. In Italia il contrario. Nei mei primi anni italiani ero intimorito, specie dalle donne che mentre si scattavano un selfie – spesso fatto dal marito – mi si avvinghiavano e palpavano senza vergogna».

Addirittura?

«Sono timido, l’ho detto. Ma anche simpatico, so fare tante cose… a parte per i miei figli che continuano a vedermi come il papà sfigato. Ma so che un giorno apprezzeranno quello che sto cercando di insegnargli: che con il duro lavoro e la passione possono realizzare ciò che desiderano. Sono certo che non mi ringrazieranno mai, proprio come ho fatto io con mio padre».

Cosa vorrebbe condurre ora in tv?

«Il mio prossimo sogno, da realizzare assolutamente è la conduzione di un late show in Italia… ci sto lavorando».

A 40 anni è arrivata la tv, a 50 si sta concentrando sulla grande passione, la musica. Come si immagina a 60?

«Speriamo non morto».

Chiara Maffioletti, Corriere.it

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