“Con Fellini in metropolitana tra donne e segreti”. Parla la “segretaria”, una vita per il cinema

In un doc ideato da Daniela Masciale e diretto da Raffaele Rago, presentato allo Spazio Oberdan di Milano dal 12 al 17 marzo grazie all’archivio Luce e alla Cineteca di Bologna, sei donne che hanno vissuto al fianco di De Laurentiis, Fellini e molti altri raccontano la loro straordinaria storia

Alla notizia che Cesarina si sarebbe sposata, Goffredo Lombardo le regalò una confezione di anticoncezionali, Liliana fu l’unica a non essere convinta da Dino De Laurentiis a fare ‘qualcosa’ e Paola fu trovata nel bel mezzo di una crisi isterica da Claudia Cardinale prima di essere ricoverata al Mater Dei per dieci giorni, per una cura del sonno, su decisione di Franco Cristaldi. Fiammetta più volte si trovò sul set a dover segnare le battute dettate sul momento da Fellini che no, non scriveva sceneggiature. Segretarie. Una vita per il cinema è il titolo del documentario ideato da Daniela Masciale e diretto da Raffaele Rago e dedicato a sei donne straordinarie, per anni o per una vita assistenti di alcuni dei più grandi produttori o registi italiani e, di conseguenza, protagoniste delle più gloriose stagioni del cinema italiano.Nei racconti di queste signore ci sono aneddoti, rivelazioni, ci sono menti visionarie come quelle di Federico Fellini o Mario Monicelli, i segreti di produttori come i fratelli De Laurentiis, Franco Cristaldi o Goffredo Lombardo e i ricordi degli attori, Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni. C’è Roma, c’è Cinecittà, ma anche Venezia quando, per quei giorni all’anno, diventa l’esclusiva capitale del cinema mondiale. Il tutto accompagnato da fotografie inedite e dalle immagini provenienti dall’archivio Luce e dalla Cineteca di Bologna. Nell’ambiente Cesarina, Paola, Liliana, Anna Maria, Resi e Fiammetta erano ben conosciute, erano soprannominate “le mitiche” perché, lontane dallo stereotipo della segretaria che batte a macchina, erano donne agguerrite che riuscirono a ricoprire ruoli fondamentali in ambienti maschilisti. “L’indipendenza economica era la grande cosa – dice Resi – ci sono state ragazze che si sono vendute per una borsa o un braccialetto, ma poter dire “me lo compro da sola e vado a letto con chi mi pare” è una grande conquista, o no?”.La storia di queste donne che hanno dato la loro vita per il cinema rimanendo sempre nell’ombra sarà presentata al Cinema Spazio Oberdan di Milano dal 12 al 17 marzo, ma la community Secretary.it, che da anni offre un servizio di supporto a 10mila segretarie italiane, si sta battendo perché il film abbia una distribuzione nazionale: “La nostra community si ritrova in questi ritratti con la stessa dedizione e grinta: sono storie del passato che si riflettono nel presente”, ha dichiarato la fondatrice dell’associazione, Vania Alessi.Di questa grinta necessaria per rimanere a galla in un ambiente di uomini possessivi che non volevano sentire parlare di figli e provavano a imporre grembiuli come divise, non ha avuto bisogno Fiammetta Profili, per tredici anni a fianco a Federico Fellini. “Lui le amava troppo le donne per trattarle male”, racconta Fiammetta che ufficialmente si occupava dei casting, “la lunga gestazione che era la ricerca di attori”, un’attività che Fellini amava svolgere in metropolitana, ritenendolo il luogo migliore per scovare le varietà umane, ma che concretamente si occupava di tutto, da guidare la sua auto, alla posta, alle comparse nei film.

Lei è stata più fortunata di alcune sue colleghe?
“Fellini aveva questa grande curiosità per il mondo femminile, certamente aveva le sue idee, era pur sempre un uomo italiano nato negli anni Venti, però aveva una passione per le donne. Non posso dire che Fellini fosse un maschilista, che ignorasse o trattasse male le donne. Forse la mia esperienza è stata diversa: le altre signore vivevano negli uffici, io ero con lui sui set e posso dire che era totalmente affascinato dal mondo femminile, Fellini adorava le donne e apprezzava la loro compagnia. Ricordo una battuta che faceva su Francesco Rosi, non capiva come potesse girare interi film senza ruoli femminili, ‘non capisco perché uno voglia fare il regista senza poi usare le attrici, la cosa più bella di fare il regista è poter poi lavorare con le attrici’, diceva Fellini”.

Siete arrivati al livello di confidenza per cui lei era anche depositaria dei suoi segreti?
“Beh la parola segretaria ha la stessa radice di segreto, quindi sì, e poi Fellini era una persona che intesseva subito rapporti profondi, per lui i rapporti superficiali non esistevano. Nel momento in cui una persona entrava a far parte della sua vita lui si apriva totalmente e viceversa, voleva conoscere tutto di quella persona. Stabiliva intimità da subito, i rapporti superficiali non lo interessavano. Credo che fosse tutto legato alla sua passione per la psicanalisi, per l’animo umano, il trascendente. Fellini aveva curiosità per l’essere umano in generale e la vita privata delle persone in particolare e se frequentavi Fellini non potevi esimerti dall’essere coinvolto in un mondo molto profondo. I segreti però devono rimanere tali”.

Esisteva una giornata tipo con Fellini?
“I suoi film duravano moltissimo, tra preparazione, riprese e post produzione e quelle erano assolutamente giornate scandite dalla stessa routine. Solitamente Fellini dava appuntamento alle 8 di mattina da Canova e riceveva le persone a piazza del Popolo. Il bar diventava il suo ufficio quando lui non poteva essere a Cinecittà. Nei periodi in cui Fellini girava un film tutto era molto ripetitivo, diceva ‘il cinema può sembrare un lavoro da Genio e sregolatezza, ma in realtà fare un film richiede la precisione di una missione di Cape Canaveral’. Il cinema poteva sembrare un grande circo Barnum ma per fare un film ci volevano precisione e meticolosità”.

Cosa pensa del cinema di quegli anni?
“Penso che fosse un modo di fare cinema che non esiste più, c’erano dei budget inimmaginabili e soprattutto a Fellini tutto era concesso. Ora sarebbe impensabile costruire i set che costruivano per lui e fare riprese per la durata che le faceva lui. Quello era un modo sontuoso di fare film che oggi non è più possibile”.

Giuli Echites, repubblica.it

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