‘Sex Education’, annunciata seconda stagione. La creatrice: “Ora tutto può succedere”

La serie ambientata in un campus inglese è rinnovata per altri 8 nuovi episodi. Intervista alla showrunner Laurie Nunn che dice: “Mi ha fatto piacere la reazione del pubblico alla presa di coscienza femminile, anche se è triste che nel 2019 questo tipo di personaggi sorprendano ancora”

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e non avete mai osato chiederlo. Quarantasette anni dopo il film di Woody Allen una serie tv scuote il pubblico dello streaming: dalle piattole all’aborto, dall’identità sessuale alla masturbazione Sex Education, approdata su Netflix a gennaio, affronta tutti i temi che hanno a che fare con la sessualità ma dal punto di vista degli adolescenti. Protagonista è Otis (Asa Butterfield, il ragazzino di Hugo Cabret ormai cresciuto), figlio della terapista sessuale Jean (Gillian Anderson – ex X Files), e i suoi compagni di scuola Moordale tra prime volte, scelte difficili, innamoramenti e insicurezze. Quando la cattiva ragazza del campus Maeve (Emma Mackey), gli scopre delle capacità di ascolto rare in un ragazzo della sua età e soprattutto un’incredibile abilità a dare il consiglio giusto ai suoi coetanei incerti e impreparati nasce la clinica del sesso, terapia a pagamento nei bagni abbandonati e pericolanti del campus. Dopo essere stata vista da 40 milioni di famiglie, secondo Netflix, la stagione è stata rinnovata per altri otto episodi. Ne abbiamo parlato con la showrunner Laurie Nunn.L’idea della serie è venuta da un documentario.

Quanto di reale c’è in questa fiction?
“L’idea iniziale per lo show è venuta a uno dei produttori della Eleven Film guardando un documentario su teenager che parlavano a dei terapisti sulla loro vita sessuale. Gli venne in mente che un sessuologo adolescente in un ambiente di campus scolastico sarebbe stato un personaggio divertente. Il legame con il documentario però finisce lì, sono stata così fortunata di avere uno spazio di scambio dove tutte le questioni e i problemi della vita reale venivano affrontate e discusse”.

I personaggi prendono ispirazione dalla sua esperienza scolastica?
“La maggior parte dei personaggi che ho creato sono ispirati dalle persone che hanno attraversato la mia vita. Sono convinta che i personaggi basati sulla vita reale li rendono molto più reali. Mentre scrivevo Sex Education ho pensato ai ragazzi che andavano a scuola con me e alla mia stessa pubertà. Ho sempre trovato affascinante i diversi gruppi sociali a scuola, il fatto che i ragazzi in modo istintivo con qualcuno creano una tribù e con altri ci sono divisioni. Mi sembra un comportamento molto umano definire cosa ci separi dalle altre persone ed è un sentimento particolarmente potente al liceo e che mi interessava interessare nella serie”.

La sua generazione sta a metà tra quella di Otis e quella della mamma sessuologa. La sua età l’ha aiutata a capire entrambi i punti di vista di questa relazione?
“Assolutamente sì. Jean è la principale antagonista di Otis ma è anche la sua più grande alleata. La potenza della relazione tra un genitore single e suo figlio è allo stesso tempo qualcosa di divertente e drammatico insieme. Si amano molto ma allo stesso tempo le loro vite sono così saldamente intrecciate che finiscono per essere poco sane. Capisco esattamente perché Otis vorrebbe che sua mamma smettesse di attraversare i confini e invadere la sua vita, ma io provo molta compassione per Jean che è terrorizzata di perdere la pubertà di suoi figlio adolescente”.

Il pubblico ha reagito molto bene. Cosa l’ha sorpresa della reazione degli spettatori?
“Sono stata completamente stesa dalla reazione positiva allo show. Ne ero orgogliosa ma non avevo idea che sarebbe riuscito a trovare una connessione così forte con la gente. Ho trovato interessante come le persone hanno risposto in modo forte alla consapevolezza sessuale dei personaggi femminili. Mi ha fatto davvero felice capire che le persone si stanno godendo questo elemento della storia ma allo stesso tempo trovo triste che nel 2019 questo tipo di personaggi femminili, liberi e disinibiti, ancora sorprendano. Spero che ce ne siano sempre di più di personaggi così nel mondo del cinema e della tv”.

Netflix dice che più di 40 milioni di famiglie hanno visto la serie. Ha avuto qualche riscontro di questa visione “familiare”?
“Ho ricevuto messaggi veramente carini da molte persone che mi hanno detto come la serie ha reso per loro più facile parlare in modo aperto di sesso e della loro vita privata. Anche se lo show in qualche momento fa dell’umorismo un po’ crudo e il tema principale è il sesso, il suo cuore in realtà è l’amore, l’intimità e la relazione e sono convinta che le persone di qualsiasi età possano relazionarsi”.

La serie affronta ogni aspetto della sessualità, vi siete dati dei limiti oppure no?
“Per me l’unico limite è stato cercare di essere fedele al tono della serie che è divertente, franco e dolce. Le scene di sesso ci sono per portare avanti la storia e dirci qualcosa di nuovo e interessante sui personaggi, volevo che non fossero mai gratuite. Mano mano che esploro le questioni sessuali dal punto di vista delle prime volte mi rendo conto che non c’è nulla che mi sentirei troppo limitata per esplorare. Voglio parlare di sesso in modo veritiero e davvero scandaloso ma mai per il puro piacere di shoccare il pubblico”.

Il movimento #metoo ha avuto un’influenza sulla sua scrittura?
“Il movimento è nato dopo che avevo finito la sceneggiatura di Sex Education che si è conclusa nel 2017. Quando è nata sapevo già quale storia stavo raccontando eppure va detto che la nostra storia affronta temi che sono molto rilevanti per il movimento e credo che, dal momento che le figure fondamentali di questo show sono donne, i temi della mascolinità tossica e della consapevolezza femminile sono venuti fuori in modo naturale. Credo che il pubblico sia veramente alla ricerca di storie raccontate da un punto di vista diverso, è un momento eccitante per la scrittura televisiva”.

La serie è ambientata in Inghilterra ma molti trovano che abbia un gusto americano. Io ho l’impressione invece che sia una storia internazionale, che il campus di Moordale potrebbe essere in qualunque paese occidentale. È stato fatto di proposito?
“Sono una fan al limite dell’ossessione dei film che parlano degli “young adult”, giovani adulti. I film di John Hughes films degli anni Ottanta e Novanta come Ragazze a Beverly Hills e 10 cose che odio di te mi hanno influenzato moltissimo. La sceneggiatura di Sex Education contiene un sentimento nostalgico per quell’epoca. Quando il regista Ben Taylor è entrato a far parte del progetto abbiamo condiviso l’amore per il genere e abbiamo deciso che la serie fosse un tributo ai film e agli show televisivi abbiamo amato tanto quando eravamo più giovani. Volevamo che la serie fosse una sorta di ritorno al passato anche se attivamente impegnata ad affrontare tematiche moderne che riguardavano il sesso e l’identità”.

Infine questa seconda stagione è molto attesa. Cosa ci può dire di quello che verrà?
“Non posso dire molto, ma ho moltissime idee su dove questi personaggi stanno andando. L’aspetto interessante del fatto di raccontare una storia ambientata a scuola è il fatto che tutti questi personaggi, che vengono da famiglie e vite diverse, vengono catapultati insieme. Questo offre infinite potenzialità narrative, di fatto tutto può accadere!”.

Chiara Ugolini, repubblica.it

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