LA DE FILIPPI A SANREMO È UN ERRORE MEDIASET LE DIA UN CONTRO FESTIVAL

di Cesare Lanza

Invece di farsi la guerra, le due aziende preferiscono l’inciucio. Per questo Conti avrebbe chiesto al volto di Canale 5 di affiancarlo. Così perdono sia gli spettatori, sia le star, le quali rinunciano a nuovi traguardi

Fa bene Maria De Filippi ad accettare l’invito di Carlo Conti a condurre con lui il Festival di Sanremo? Per me, no. Ma la risposta non è semplice. Il preambolo è che non mi piace mai, e sottolineo mai, la continua confusione, tipicamente italiana, sull’identità. L’identità è ciò che da valore, spessore, riconoscibilità alla nostra anima, alla nostra personalità. Diamine, ci sarà pure una ragione se la natura ci ha regalato il dna, il fattore che stabilisce che siamo unici e irripetibili! Può dunque essere solo una fissazione, la mia? Certo. E perciò mi sembra corretto spiegare, con chiarezza, ciò che voglio dire. L’ultimo riferimento all’identità mi arriva dal leader dei 5 stelle. Mi piace Beppe Grillo quando si fa portavoce della protesta popolare. Non mi piace invece quando cerca di allearsi, in Europa, con un partito che aveva sempre combattuto. E potrei aggiungere decine di esempi.

MATTATORI

Maria De Filippi e Carlo Conti, premiati come personaggi femminili e maschili dell'anno, durante la cerimonia di premiazione del ''Premio Regia Televisiva 2015'', in diretta dagli studi Rai della Dear di Roma, 25 maggio 2015. ANSA/GIORGIO ONORATI

L’accordo Conti/De Filippi sarebbe clamoroso. È stato annunciato da Chi. La Rai, con un tweet di Giancarlo Leone, l’ha smentito. Mentre la De Filippi ha detto: «Domani (ovvero oggi, ndr) ci sarà la conferenza stampa e se sarò presente al Festival sarò presente lì». La mia lettura è questa. Carlo è la Rai, Maria è Mediaset. Sono i mattatori di due aziende, che dovrebbero essere rivali. La grandezza di Silvio Berlusconi fu esattamente quella di creare un’alternativa alla Rai monopolista. E oggi? Quello spirito antagonistico, via via, si è perduto. Perché? Debolezza nella continuità imprenditoriale? Non credo. Un comodo compromesso? Forse, ma spero di no. Una strategia difensiva, nel quadro di una incerta situazione politica? Forse. Possibile, anzi probabile.
Conti è entrato in Rai molti anni fa, ha affrontato una gavetta faticosa e ne è uscito vincitore. Di più: dominatore. Sembrava il meno dotato di quel terzetto (con Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello) di simpatici toscani, amici per la pelle, che si erano avvicinati, con ruoli diversi e diversa fortuna, al mondo dello spettacolo. Oggi Carlo non solo è il dominus del terzetto, ma è padrone indiscusso di tutta la Rai. Maria deve il suo successo iniziale a Maurizio Costanzo, a cui era legata sentimentalmente: poi con continuità stupefacente, bravura e duttilità, è diventata la star più popolare di Canale 5, quella che assicura alla rete il primato negli ascolti.

TROVATA INATTESA

Maria è già stata a Sanremo, invitata (e imposta) da Paolo Bonolis e da Lucio Presta. C’ero anch’io, in quell’edizione del Festival. La De Filippi fu un divertissement, una provocazione, una inattesa trovata per arricchire il bouquet degli ospiti. Ricordo la sua prestazione esemplare, da primadonna riservata, al limite timida, disciplinata, rispettosa dei ruoli.
Oggi la scena è cambiata: secondo gli annunci, Carlo Conti presenterà le canzoni, come il sacerdote dell’immutabile messa cantata, spina dorsale della manifestazione. Mentre Maria dovrebbe occuparsi di tutto il resto, nelle cinque serate. E, così, sembra ragionevole prevedere un «NazaRemo» nello spettacolo, ovvero il bis di un esperimento politico che molto ha fatto discutere, senza portare a felici risultati.
Perché, in definitiva, sono scettico di fronte a questo accordo, che pure ha già portato i social network a livelli di entusiasmo inaudito?
Sommessamente penso che Mediaset, se se la sentisse, anziché concedere la star prediletta al network concorrente dovrebbe provare a demolire il Festival della Rai: affidando proprio alla De Filippi l’invenzione di un «suo» Festival, nazional popolare, più accattivante per il pubblico giovanile. A sua volta Conti non ha alcun bisogno di Maria per rinnovare il suo successo. Ha dimostrato di poter far centro da solo. Quanto ai risultati, tutti già sentenziano che sarà un boom da record. Vero, verosimile, anzi improbabile: il rischio reale, per tutti e due i campionissimi, è che non sia affatto così.

LA GIUSTA MISURA

A proposito di rischi, infatti, come autore di televisione che qualcosina sa, senza falsa modestia provo una certa curiosità su questo delicato aspetto: Conti e De Filippi sono più che simili, nella conduzione sono uguali, si assomigliano ampiamente. Lavorano con sapienza, con asciuttezza, come «spalla» degli ospiti. E agli ospiti lasciano tutto lo spazio possibile. Non sono protagonisti, come Paolo Bonolis. Come troveranno la misura giusta per lanciarsi, frenarsi, correggersi, duettare, stimolarsi e dividersi la scena? Ma questo è un altro problema. E per fortuna non debbo occuparmene. Il problema vero è che i compromessi, le mediazioni, gli accordi sotto banco, i tarallucci e vino non portano a niente di buono. Per la Rai in particolare è l’ennesimo segnale, deludente, del caos di vertice; e neanche voglio avventurarmi sugli aspetti economici, su convenienze e rischi legati all’accordo. Facile prevedere che il chiasso sarà enorme.

DOMENICA IN

Lavorai con Carlo Conti in un paio di edizioni di Domenica in. Ero sbalordito di fronte alla sua calma, l’equilibrio, la saggezza dei comportamenti: gli dissi che poteva diventare sindaco di Firenze. Si mise a ridere e disse che la politica non gli interessava. Mica male, la mia previsione, alla luce delle imprese di Renzi, che cominciò la sua scalata proprio da Firenze. Con la De Filippi non ho mai lavorato. La intervistai agli albori della sua carriera, mi irritai perché mi fece aspettare un’oretta. Maria telefonò al direttore del giornale perché tagliassi una domanda scomoda. Più di una volta la sostenni da attacchi scriteriati, incentrati sulla sua televisione definita trash. Scrissi, e tuttora ne sono convinto, che la sua è una tv neorealista, una testimonianza cruda dell’epoca in cui viviamo, simile in questo al neorealismo del Dopoguerra. Non mi ha mai degnato, né l’ho cercato, di un commento. Tutti e due potrebbero aspirare a traguardi più ambiziosi. Lui a dirigere la Rai. Lei a proporre neorealismo di qualità, provando a emulare in video Luchino Visconti e Roberto Rossellini. E mi piacerebbe che Rai e Mediaset riprendessero a darsele di santa ragione. L’inciucio non mi piace. E la limonatina rivierasca tra Carlo e Maria ancor meno.

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Cesare Lanza, La Verità

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