«Senti chi parla»: arriva il reboot (sì ancora un reboot)

A trent’anni dall’uscita nelle sale, la Sony ha messo in lavorazione una nuova versione della pellicola che ha dato voce ai bambini. Senza la benedizione degli interpreti originali, però

Altro film, altro reboot. A trent’anni dall’uscita nelle sale cinematografiche, Senti chi parla, meravigliosa pellicola con la quale il mondo è stato raccontato attraverso le voci «mentali» di bambini troppo piccoli per poter parlare, è stato campionato per farvi ritorno. Solo, in versione aggiornata. Com’è ormai moda, il film avrà un altro regista, Jeremy Garelick, e un cast diverso. Avrà uno sviluppo proprio, sovrapponibile, ma non perfettamente, a quello della pellicola originale.

Quali attori vedrà coinvolti, non è stato deciso. La Sony non ha rilasciato grandi dichiarazioni sul progetto, né ha manifestato l’intenzione di voler assoldare, fosse anche solo per una piccola apparizione, gli interpreti del primo film. Senti chi parla, al quale, negli anni Novanta, sono seguiti due sequel di minor successo, ha raccontato la coppia di Kirstie Alley e John Travolta, la vita quotidiana e le piccole battaglie per l’educazione del figlioletto, doppiato magistralmente nella versione italiana da Paolo Villaggio. Riportarlo al cinema, senza la benedizione degli originali, non sarà cosa facile. E non soltanto per via di voci ed interpreti difficili da rimpiazzare.

Senti chi parla ha saputo fare epoca perché calato in un momento storico di cui ha potuto essere pioniere. La storia, tre film e trent’anni più tardi, perderebbe la portata innovativa che, invece, ha avuto nel 1989. Inoltre, la mania dei reboot, che tanto ha contagiato Hollywood, non è riuscita ad attecchire con altrettanta forza sul pubblico, stufo di vedersi propinate sempre le solite storie, le solite epoche, gli anni Ottanta, sfruttati in ogni dove, pure su Netflix. «Il troppo stroppia», dice un detto popolare. E, forse, nel caso del cinema privo di inventiva, della infinita sequela di remake, reboot, live-action e sequel, non c’è aria popolare che possa suggellare meglio il disagio del pubblico.

Claudia Casiraghi, Vanity Fair

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