Camilla Filippi protagonista nel thriller psicologico “La stanza”: «Questo film mi ha turbata, ho pianto moltissimo»

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«Questo film mi ha molto turbata, ha alimentato i miei sensi di colpa e di inadeguatezza. Ho pianto tantissimo, ho avuto pensieri angoscianti. Per fortuna vado da un bravo psicologo». Lo sottolinea ridendo, Camilla Filippi, ma per lei che – da spettatrice – evita gli horror come la peste non è stata un’impresa facile essere al centro del racconto

di “La stanza”, thriller psicologico diretto da suo marito Stefano Lodovichi in cui divide la scena con Guido Caprino, Edoardo Pesce e suo figlio Romeo Pellegrini.

In una villa isolata, lontana da tutto nel tempo e nello spazio, Stella sta per togliersi la vita quando uno sconosciuto bussa alla porta e irrompe nella sua giornata più difficile. Li raggiungerà anche suo marito e lei dovrà confrontarsi con due uomini che le schiaffano in faccia i mostri della sua coscienza e la trascinano in una dimensione alla Shining, in cui l’angoscia occupa tutti gli angoli di una inquietante reclusione. La stanza doveva essere in origine un documentario sugli Hikkikomori (i ragazzi che si chiudono in casa e si escludono dalla vita), poi ha cambiato pelle ed è diventato un thriller sulla famiglia, sviluppato su Zoom in piena pandemia, girato in 17 giorni e arrivato su Amazon Prime Video il 4 gennaio.

La casa de La stanza fa davvero paura, è il luogo horror perfetto…
«La casa e la famiglia sono i luoghi più fertili per l’horror. Fuori casa indossiamo una maschera, mentre in casa siamo la versione più simile a noi stessi: è lì che si svela la parte di noi che tendiamo a nascondere».

Da mamma di due bambini quanto è stata dura muoversi in questo racconto che costringe a immergersi nel lato oscuro della famiglia?
«Molto. È difficilissimo sia essere figli che genitori, si procede per tentativi cercando di stare in un ruolo che non si è scelto, ma che ci è stato imposto. I figli non scelgono di nascere e noi, anche se abbiamo scelto di essere genitori, non sapevamo cosa volesse dire diventarlo. In questo caso però ero sul set con mio marito Stefano e mio figlio Romeo: lavorare con le persone che ami è la cosa più semplice del mondo, ti senti totalmente protetto».

Immagino che il film ti abbia costretta a riflettere sul tuo modo di essere mamma, ma anche figlia.
«Assolutamente sì. Una delle mie ossessioni è data dal fatto che la mia mamma è morta molto giovane: mi impressiona sapere che conserverò sempre un’immagine di lei da ragazza. Non saprò mai come sarebbe stata coi capelli bianchi. Rispetto al mio ruolo di madre, cerco di spiegare ai miei figli, che hanno 10 e 15 anni, che sono un essere umano e faccio degli errori. Cerco di smitizzarmi, di mostrare che non sono né una supereroina, né un mostro, che cerco un equilibrio».

È una storia di reclusione e in questi mesi abbiamo tutti imparato cosa significa sperimentarla, con i figli costretti a studiare a distanza. È un rischio o un’opportunità?
«Vedo chiaramente l’aspetto negativo: nella vita reale ci sono le discussioni, i confronti, anche i due di picche, che fanno crescere, la mancanza di questa dimensione mi spaventa e d’altra parte non so se i mezzi virtuali porteranno qualcosa di positivo».

Sei una fan del cinema horror?
«Col cavolo! Non li guardo, mi danno ansia. Anche quando mi dicono che non fanno tanta paura non mi fido: una volta sono dovuta scappare dal cinema. Ho visto L’esorcista che avevo già 24 anni e dopo Il sesto senso avevo paura persino ad andare a fare pipì da sola. Io non sono il pubblico di questo film, ma girarli è diverso».

Quest’anno compi vent’anni di cinema, che bilancio fai dopo esserti cimentata anche con la regia di un corto?
«Ho imparato a essere felice di ciò che arriva: basta guardarlo con occhi giusti e va sempre bene. Di sicuro non penso che farò solo l’attrice per il resto della mia vita, voglio fare cose diverse e ci provo, anche per capire cosa mi piace. Ad esempio ho capito che non voglio fare la regista e che voglio continuare a scrivere dopo aver pubblicato, a settembre, il libro La sorella sbagliata».

Ultimamente stai lavorando molto con tuo marito Stefano.
«Lavorare diretta da lui mi dà molte possibilità. Vede in me cose che altri non vedono, infatti il primo ruolo sexy che io abbia mai avuto me lo ha dato Stefano ne Il processo. In Italia devi essere una cosa precisa, poche attrici si muovono in tante direzioni, e io sono di difficile collocazione per chi mi guarda senza andare oltre».


Michela Greco, Leggo.it

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