Ethan Hawke sventola la bandiera Usa dell’amore
Nella storia si intrecciano, in sintesi, tre ‘movimenti’: il passato, il presente e il futuro postumo del musicista in cui si racconta il suo amore con la compagna e poi moglie Sybil Rose, la sua ultima notte sulla terra quando venne ucciso a 40 anni da un tossicodipendente nero figlio degenere di un suo amico con una fucilata e il ricordo degli amici anche critici con il suo caratteraccio. E’ un’adattamento cinematografico del romanzo biografico ‘Living in the Woods in a Tree: Remembering Blaze’ scritto dalla Rosen (“Sybil è venuta spesso a trovarci sul set aiutandoci con i posti, la musica, gli amici i consigli”, spiega Ethan). A interpretarlo è l’esordiente Ben Dickey, a sua volta cantautore e se così non fosse non avrebbe potuto interpretare la parte in un lungometraggio musicale che dura oltre due ore, premiato per questo lavoro come migliore attore al Sundance: “Conoscevo Blaze come musicista e alcune delle sue canzoni erano nel suo repertorio. C’era una sorta di leggenda sulla sua morte. Mi ha dato molto”.
Ed effettivamente il tema centrale – i demoni inarrestabili di Foley distrutto da alcool, droga e irrazionalità disturbante – è ben messo a fuoco. E fa tenerezza il rapporto candido e sincero con Sybil in una vita anti-moderna nei boschi e poi l’incontro con il padre Kris Kristofferson, affetto da apparente demenza senile. Ma l’amore, la natura, il bello, il semplice della vita hippy, l’autostop, il non pensare a come guadagnare per vivere di Blaze non riescono a fermarne l’autodistruttività fra un aborto, il tradimento, gli accessi di rabbia e la separazione con Sybil. Tutto narrato, anzi declamate nelle continue canzoni tristi e mai solari. Fino alla fine anche fisica. Su poesia, purezza e coinvolgimento personale ha insistito Hawke: “Mi sento molto vicino a questo film, coinvolto, ci ho messo qualcosa di me. Presente, passato e futuro sono intrecciati, del resto per me ‘L’attimo fuggente’ è come fosse stato fatto ieri. E’ crepuscolare, ricorda gli anni Settanta? Sì, mi piacciono i film di allora imperfetti e non tecnologici”. “Il premio per me, il fatto che un attore possa diventare leggenda? Non bisogna mitizzare – conclude -, è naturale come avere il naso e la bocca. E se si ritiene troppo intimistico il film io penso che ogni volta che si dice la verità si compie un atto politico”.
Claudio Scarinzi, ANSA