BUD SPENCER NON TRADISCE MAI

Lombardi: il picco di share nella fascia di pubblico 15-44 anni

bud-spencerL’ultima impresa l’ha compiuta mercoledì 1° giugno quando con la messa in onda del suo film numero 41 (sui 54 che lo hanno visto protagonista, co-protagonista o semplice comparsa), ossia la non certo indimenticabile pellicola Bomber, datata 1982, l’anno della vittoria dell’Italia di Bearzot ai Mondiali di Spagna.
La storia narra di un lupo di mare che non poteva tornare a salpare per i mari allunga un nugolo di pugili dilettanti toscani che sfidano, e ovviamente sconfiggono, i più solidi, tosti e muscolosi militari americani, seguendo un canovaccio già visto quattro anni prima, con le «armature» da football americano nel più brillante e originale Lo chiamavano Bulldozer. Il film su Rete 4, in prima serata, ha chiamato a raccolta 1,35 milioni di fan, ossia il 5,86% di share, sconfiggendo per ko tecnico il premier Matteo Renzi, ospite dell’ultima puntata del contrastato (e chiuso, con strascichi e polemiche mediatiche mica da ridere) Virus, il talk show di Rai 2 condotto da Nicola Porro, vicedirettore de Il Giornale e possibile nuovo volto tv di Mediaset. La sfida tra la pellicola d’antan, una commedia all’italiana che da anni non trovava spazi nei palinsesti televisivi a differenza di tanti altri film del genere e dell’attore in questione, e il talk con un frizzante presidente del consiglio è finita davvero male per quest’ultimo, che ha dovuto accontentarsi di una platea assai più limitata (420 mila spettatori in meno) e perdendo per un punto e mezzo di share.
Che in prime time, non sulle reti ammiraglie di Rai e Mediaset, è tanta roba.
Il fenomeno in questione risponde al nome di Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer. Il nuotatore e pallanuotista napoletano, medagliato pure alle Olimpiadi, prestato prima alla musica e poi al cinema e infine al business del trasporto aereo, è un prodotto evergreen. Che sia da solo, come nella serie dei Piedone, o in coppia con il grande amico Mario Girotti-Terence Hill (i due hanno girato 15 film in coppia, a partire da quell’Annibale del 1959 di Carlo Ludovico Bragaglia ed Edgar Ulmer che li vide per la prima volta assieme, anche se non girarono mai una scena contemporaneamente e non incrociarono mai gli sguardi se non a set concluso), gli italiani non lo hanno mai tradito nel corso degli anni. E anche se dal grande schermo manca ormai dal 2009 (la semi-sconosciuta pellicola Tesoro, sono un killer del regista tedesco Sebastian Niemann mai uscito nelle sale italiane nonostante la presenza di Bud Spencer e di un altro mostro sacro del cinema anni ’70 quale Franco Nero) e dalla tv dall’anno successivo (la serie I delitti del cuoco andata in onda su Canale 5 tra il maggio e il giugno del 2010), il suo pubblico c’è, esiste e resiste, e non lo abbandona mai. Una riprova? I dati di ascolti di 18 film che vedono l’attore campano protagonista della scena trasmessi tra l’ottobre del 2012 e questa stagione da Rete 4, l’emittente diretta da Sebastiano Lombardi. Pellicole che non sono mai scese sotto il milione di telespettatori (il dato più basso è stato quello registrato lo scorso 1 maggio da Lo chiamavano Bulldozer, 1,054 milioni, con il 4,5% di share) e arrivando a sfondare il muro dei 2 milioni di aficionados (Continuavano a chiamarlo Trinità, mandato in onda il 17 ottobre del 2012, registrò 2,091 milioni telespettatori per un eccellente 8,43% di media d’ascolto). Un affetto che trova riscontro anche sui social network: la pagina ufficiale di Bud Spencer su Facebook ha 1.234.459 fan, mentre il suo profilo su Twitter conta 3.184 follower.
«Ci crede che proprio quest’anno, in un momento particolarmente difficile per la programmazione in prima serata e la concorrenza agguerrita di tutti i canali, ho provato l’azzardo di programmare un film di Bud Spencer contro la corazzata Don Matteo 10 e ho ottenuto il 5%?», chiede al cronista lo stesso Lombardi. Riavvolgendo il nastro, si trattava della serata dello scorso giovedì 14 aprile. Giorno e, soprattutto, serata che coincideva con l’ultimo appuntamento stagionale della fortunata serie tv del prete-investigatore interpretato con successo dallo storico amico e collega di set Mario Girotti-Terence Hill che ha salutato il suo pubblico con dato monstre: tra i 7,37 e i 6,95 milioni di ascoltatori nei due episodi finali per uno share rispettivamente del 27,92% e del 31,97%. Sulla rete Mediaset Banana Joe, altra colorita e folcloristica fatica del nostro del 1982 (produzione italo-tedesca con regia del grande Steno e sceneggiatura di Mario Amendola, Bruno Corbucci e lo stesso Steno), ha chiamato a raccolta 1,25 milioni di fan per un più che dignitoso 5,07% di share. «I suoi film (di Bud Spencer, ndr) sono in tutto simili a quelli di Don Camillo e Peppone. Mantengono una costanza di performance nel tempo a differenza di titoli assai più blasonati e noti al grande pubblico», continua Lombardi. «Basti citare il caso di un kolossal Usa come Cast Away, con Tom Hanks che riproposto a distanza di anni è sceso dal 7% al 4,5%».
Ma a cosa è dovuto tutto questo successo, visto che la gran parte dei film di Carlo Pedersoli sono davvero datati, visto che ben 36 delle oltre 50 pellicole sono state girate tra il 1957 e il 1986, e sono state trasmesse a ripetizione da tutte le televisioni italiane? «Lego questo fenomeno a una sorta di effetto-Disney. Sono prodotti che non seguono l’evoluzione di una generazione particolare ma che scavano in un archetipo narrativo», prova a rispondere il direttore di Rete 4. «È come se Bud Spencer, soprattutto quando è in coppia con Terence Hill, fosse il Tom&Jerry della situazione». Vale a dire? «Racconta e raccontano una storia dove ti fai male, ma non muori, dove picchi l’avversario ma lo fai solo per far vincere il bene. E nello scontro fisico c’è sempre una dimensione comica. Il ciclo che ho dedicato all’attore napoletano si chiama Botte da ridere ma sono botte di giustizia, nessuno si fa male davvero».
Ma la cosa che più stupisce è che come per i film di Don Camillo e Peppone o le pellicole di Adriano Celentano, anche se la gran parte del pubblico televisivo sa già come va a finire, quel che succede, chi vince o perde, chi ride o piange, il film lo guarda e lo riguarda. «Non essendo stati mai oggetto di remake o sequel o prequel sono considerati pezzi unici, rari. E come tali vengono rispettati e osservati dal telespettatore», specifica ancora Lombardi. «Mantengono la loro forza originaria. E anzi, tra nella fascia di pubblico 15-44 anni fanno spesso il picco, quello che noi chiamiamo il best performing target».
Mantengono quella stessa forza che Pedersoli in gioventù ha usato in vasca per conquistare sette titoli individuali e quattro in staffetta nei campionati italiani di nuoto, di vincere due argenti ai Giochi del Mediterraneo del 1951 e la medaglia d’oro, da pallanuotista nei Giochi del Mediterraneo del 1955, oltre ad aver partecipato a due Olimpiadi (Helsinki, 1952, e Melbourne, 1956). Potere, concentrazione, energia e determinazione che poi Bud ha messo in scena e in sala di registrazione per quegli album che ha registrato e che sono ancora in vendita sul suo sito ufficiale, dove si trovano le tante memorabilia di questo quasi 87enne nato a Napoli (ha vissuto nello stesso palazzo di Luciano De Crescenzo con il quale ha frequentato anche qualche anno di scuole elementari prima di trasferirsi a Roma e poi all’estero, per seguire l’attività del padre) che «conquista sempre nuovi telespettatori che apprezzano questo genere di narrazione cinematografica, ossia quella del raccontamelo un’altra volta, perché mi fa stare bene», aggiunge Lombardi.
Tra l’altro, per Silvio Berlusconi e Mediaset, il fedele elettore (si era candidato nel 2005 assieme al presidente uscente della Regione Lazio, Francesco Storace, nelle liste di Forza Italia e poi alle elezioni comunali di Roma del 2013 ha attivamente sostenuto la candidatura della figlia Cristiana per il Pdl) è anche una certezza economica. I suoi film, oramai da tempo ammortizzati a livello di costo continuano a garantire introiti pubblicitari a Rete 4 con questi ascolti che oscillano dal 4,5% al 9%. «E sicuramente potrei ottenere share più consistenti ed elevati se usassi i suoi film in maniera tattica, come contro-programmazione», conclude il direttore di rete, «ma non lo faccio mai. Per rispetto». Tanto poi il colosso campano (1,93 metri d’altezza per 125 chili che calza il 47 e che alla nascita pesava già 6 chili) non tradisce mai. Come i suoi personaggi.

Italia Oggi

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