Nina Zilli: «Il principe azzurro non esiste»

La cantante dentro il primo libro – la graphic novel «Dream City» – ha messo sogni, ambizioni e paure. E alle «amazzoni metropolitane» come lei insegna che «l’uomo in calzamaglia azzurra» non le salverà: «Sono sempre salita sul cavallo da sola, merito di mia madre e di mia nonna: due grandi lavoratrici». In amore, felicemente accompagnata, sperimenta la bellezza di «avere il cuor leggero»

Nina Zilli, mentre cresceva figlia unica nella campagna piacentina, alternava pianoforte, basket e un foglio su cui disegnare. Quando «la musica ha preso il sopravvento», i canestri si sono fatti più rari, ma l’abitudine di scarabocchiare non l’ha abbandonata. E adesso – 39 anni, quattro festival di Sanremo alle spalle e un paio di stagioni di Italia’s Got Talent – le illustrazioni di una vita, unite a una mente «fantasiosa per natura», sono diventate una graphic novel, e una dichiarazione di intenti: Dream City (ora in libreria, edito da Rizzoli), ossia il fantastico mondo di Nina nel Paese delle Meraviglie.

Si parte dalla copertina: un unicorno, una pioggia di glitter («tutti quelli che non mi avevano fatto mettere sulla tesi» – sociologia dei consumi allo Iulm), parco Sempione, l’arcobaleno, e l’arco della Pace, il quartiere di Milano che da un paio d’anni chiama casa. Dentro la cantante ci ha messo i sogni da realizzare, i personaggi che l’hanno ispirata (Jimi Hendrix, Nina Simone, Billie Holiday), i luoghi a cui ambire. Sindaco di questa città ha nominato Malcolm X. La città si divide in quattro grandi quartieri: Cuore, Cervello, Fegato e Pancia. Ma, alla fine, qual è quello che governa davvero? «Secondo la medicina cinese, ogni organo controlla uno stato d’animo quindi il vero equilibrio sarebbe riuscire a calibrare i vari sentimenti. Rabbia, paura, amore, forza, e costanza. Tra la testa e il cuore ci sono 15 centimetri ma col senno di poi sono otto mila chilometri», racconta Nina, mentre un murales alle sue spalle ricrea il mondo onirico che immagina. La cantante l’ha realizzato durante la notte, su una parete di un angolo ben nascosto di Milano. Siamo ad almeno una decina di metri da terra, in uno skate park costruito all’interno di un’ex sala cinematografica (il cinema Istria), che lei ama paragonare alla pancia di una balena.

A «fregare di più», continua, è il Cuore: «Il cervello, nonostante le buone intenzioni, non lo ascolti mai. A me piace anche la zona del Fegato, lì posso mettere alla prova le mie paure: testare fin dove posso spingermi». Tra una pagina (colorata) e l’altra, realizza le massime aspirazioni di molti di noi: c’è il Paradiso dei calzini, utile a «riabbracciare tutti quelli che abbiamo perduto negli anni in lavatrice»; il Chiringuito Bay, piano b per eccellenza di tutti quelli – tanti – che da sempre desiderano eclissarsi in un chioschetto ai tropici; c’è un vivaio di rose che fiorisce in concomitanza a un compleanno che andrebbe ricordato, antidoto ideale per gli smemorati; e nel giardino delle piante grasse i problemi diventano palloncini: volano via. Nel disegnare Nina, all’anagrafe Maria Chiara Fraschetta, è tornata bambina («ero contemporaneamente logorroica e introspettiva, come oggi»). Al primo viaggio, a 5 anni, a Parigi. «È stata la prima volta che ho visto le nuvole», spiega, «un colpo di fulmine. E se gli altri bambini volevano toccarle, io da brava emiliana ho sempre desiderato di mangiarle». Detto, fatto. Nella sua Dream City c’è la «gelateria cloudalicious», e la specialità è il fiordilatte alle nuvole. Da Parigi in poi è stato un viaggio dopo l’altro: l’Irlanda a 10 anni per studiare, l’America, le vacanze in scooter: «Sono sempre stata una vesparola. Con la mia migliore amica, l’estate dei 18 anni, abbiamo girato tutta l’Italia, isole comprese. Il sogno che resta? Andare fino in Indonesia su due ruote». L’esperienza più importante? La visita ai bambini siriani, in un campo profughi del Libano, volontaria per Terre des hommes (un progetto che diventerà un documentario per Sky Arte).

Nella Città dei Sogni c’è, ovviamente, anche spazio per l’amore: «Lì, del resto, puoi realizzare tutti i tuoi desideri». Ma la cantante scrive che «le ragazze di oggi non sono principesse in attesa di essere salvate da un tizio in calzamaglia azzurra». Lei, racconta, non l’ha mai fatto: «Sono sempre stata quella che saliva sul cavallo da sola. Lo devo alle donne che mi hanno cresciuta, mia mamma e mia nonna. Due donne solide, due grandi lavoratrici. Il loro insegnamento? Nessuno ti regala niente, e nessuno ti salva. Non resta che lavorare sodo».

A che punto siamo nella vita vera? «Posso citare i Negramaro? In bilico… Lo siamo sempre. Lo scopo è riuscire a essere in pace con se stessi. L’importante è avere consapevolezza di se stessi, nel bene e nel male. È quando non ci raccontiamo le bugie che andiamo avanti». Al suo fidanzato – l’artista ed ex pugile Omar Hassan – ha appena dedicato, via Instagram, la bellezza di «sentire l’estate anche quando fuori piove». Perché, aggiunge, «alla fine quello che vogliamo tutti è stare bene, ridere insieme. In poche parole: avere il cuore leggero».

Ma tra unicorni e glitter, trova spazio anche il quartiere «new babel»: giovane e multietnico. Qui si parla tutti la stessa lingua. In un momento in cui il «diverso» fa paura, può essere un antidoto? «Bisognerebbe avere una mente aperta e ricordarci, non solo nel mondo dei sogni, che siamo tutti uguali, che tutti abbiamo diritto alla vita. L’uomo del futuro è il cittadino del mondo».

Il libro Nina Zilli lo dedica alle amazzoni metropolitane («oggi più che mai vedo le donne così, sempre di corsa, siamo femmine combattive»), e tutti i sognatori: «A quelli che volano alto anche se sanno che cadere fa malissimo. I sogni si infrangono e per rimetterli insieme ci vuole tanto coraggio».

Stefania Saltalamacchia, Vanity Fair

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