‘Friedkin Uncut’, Wes Anderson e il primo incontro con il regista: “A cena fra tartufi e colesterolo”

Il regista di ‘Grand Budapest Hotel’, ‘I Tenenbaum’ e del recente ‘L’isola dei cani’ racconta la sua prima volta in compagnia di William Friedkin. Al quale è dedicato il docufilm di Francesco Zippel, presentato a Venezia e evento speciale questa sera al cinema Farnese di Roma, ospite Dario Argento

Una serata a base di tartufo bianco e chiacchiere sul colesterolo. Potrebbe accadere a chiunque, ma qui, a tavola, ci sono William Friedkin e Wes Anderson. Il secondo, uno dei registi che più hanno saputo imporre, negli anni recenti, una visione estetica e un immaginario cinematografico personalissimo. Il primo, un autore oggetto di culto che ha firmato alcuni capolavori entrati nella storia del cinema, come L’esorcista e Il braccio violento della legge per citarne solo un paio. A lui è dedicato Friedkin Uncut – Un diavolo di regista, il docufilm realizzato da Francesco Zippel, presentato alla Mostra del cinema di Venezia e in sala per soli tre giorni (distribuito da Feltrinelli Real Cinema in collaborazione con Wanted e poi in prima tv su Sky Arte).L’ultimo appuntamento delle proiezioni-evento è questa sera alle 20,15 al cinema Farnese di Roma, ospite speciale Dario Argento. Speciale anche il racconto che segue, firmato appunto da Wes Anderson: il ricordo del primo incontro con Friedkin (che chiama amichevolmente Billy), e la cena (tartufi e colesterolo) che ne seguì.Wes Anderson: “Il nostro incontro, fra cinema e tartufi”. A volte, alla Directors Guild of America (la corporazione dei registi americani), organizzano questa cosa in cui devi far vedere il tuo film ai membri, e chiedono a un altro regista di moderare il dibattito. Io chiesi se potevano chiedere a Billy. Non l’avevo mai incontrato prima. Fu per I Tenenbaum, ed è stato il miglior moderatore che uno potrebbe desiderare. Credo che avesse visto il film per la prima volta lì, insieme al pubblico, che era rimasto freddo, ma formulò immediatamente delle domande straordinarie, incredibilmente lusinghiere.Fece quello che uno sognava che facesse. Suscitò entusiasmo per il film in una stanza piena di persone che lavorano nel cinema. E cercò con grande gentilezza di farmi sentire a mio agio! E io fui molto riconoscente, ed ero chiaramente un suo grande fan (è il motivo per cui avevo chiesto lui). In realtà c’è un aspetto di quel film che avevo cercato di modellare su una sorta di versione contraffatta de Il braccio violento della legge. Durante la sessione di domande dal pubblico lui disse qualcosa del tipo: «Quello che fai tu è l’esatto opposto di quello che cerco di fare io». Quello che cerca di fare lui è catturare l’energia e la massima spontaneità dell’istante. Che è una cosa che io amo e ammiro nei suoi lavori, e penso che non ne abbia visto granché nel mio film! Ma forse ha visto qualcos’altro. In ogni caso, era la prima volta che lo incontravo. La seconda è stata un paio di giorni dopo, mi sembra. Stavamo cenando al ristorante Madeo. Era periodo di tartufi bianchi. Lui ordinò del carpaccio di manzo con tartufi bianchi, una bruschetta con tartufi bianchi e un piatto di pasta con tartufi bianchi. Ogni cosa con tartufi bianchi. Tutto quello che ordinava lui, io dicevo: «Sì, prendo lo stesso». E poi, a un certo punto, si spostò il discorso sul colesterolo e io dissi che avevo fatto un esame del colesterolo che non era andato molto bene. Allora lui mi chiese: «Che valori hai?». E io glielo dissi. E lui mi disse: «Sono valori pessimi. Corri seri rischi. Devi stare attento». Mi disse: «Io ho avuto due attacchi di cuore prima dei 32 anni». Mi fece vedere che si portava dietro delle pillole, delle compresse di nitroglicerina o roba del genere, che ti entra nelle vene in un istante e ti salva la vita. E cominciai a temere per la mia vita. Chiesi insistentemente: «Ti prego, fammi prendere questa roba», e lui disse: «No, questa no. Quando non ordineremo cinque portate di tartufi bianchi, allora potrai prenderla. Questa lasciala a me». Era molto gentile con me. Quella fu la fine della cena. Lo adoro.

Wes Anderson, (Traduzione di Fabio Galimberti) per Repubblica

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