Quattro fratelli e una villa da recuperare: “Inutile farne una tragedia”

Lino Guanciale, Stefano Fresi, Libero De Rienzo e Matilde Gioli sono i protagonisti di ‘La casa di famiglia’, opera prima di Augusto Fornari. Il regista: “La commedia è il genere più adatto per raccontare con leggerezza la sostanza d’amore che pervade i rapporti familiari”. In sala dal 16 novembre

Quattro fratelli, un padre in coma che si risveglia, la vendita del bene più prezioso – la casa di famiglia – e poi la corsa per recuperarla “perché tutto torni come prima”. Tra battute, ripicche, vendette, Augusto Fornari debutta nella regia con la commedia La casa di famiglia. “La famiglia è da dove veniamo” spiega il regista “dove ci formiamo e, cosa più importante, quello che diventiamo. Nessuno può dire di aver compiuto un passo verso la conoscenza di se stesso se non ha ben sondato gli intricati meccanismi dei rapporti familiari”. Alex (Lino Guanciale), i gemelli Oreste (Stefano Fresi) e Giacinto (Libero De Rienzo) e Fanny (Matilde Gioli) sono quattro fratelli cresciuti in una bella villa in campagna. Non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro. Per aiutare Alex, in grave difficoltà economica, decidono di vendere la casa paterna. Nessuno può immaginare che possa accadere l’impensabile: il padre Sergio (Luigi Diberti), in coma da anni, si risveglia. I medici sono categorici: per una buona ripresa è fondamentale che torni nella sua casa circondato dai ricordi e dagli oggetti a lui più cari. Per aiutarlo non viene sottovalutato niente, neanche l’arrivo di una badante top model (Nicoletta Romanoff). Ma come fare a recuperare arredi e suppellettili? Prodotto da Italian International Film con Vision Distribution che lo distribuisce – uscirà il 16 novembre – il film mette in scena, con ironia, i caratteri di personaggi diversissimi. “Le peripezie di fratelli, sorelle, cugini, nipoti che litigano, partono, si dividono, si odiano, si fanno del bene, del male, mi hanno sempre affascinato, sono come i grandi romanzi d’avventura. Non mi stancherei mai di ascoltare le storie di famiglia: di quei fratelli che, ‘andati sempre d’amore e d’accordo’, a un certo punto della vita discutono per una sciocchezza e per ragioni che appaiono (e sono) futili, smettono di frequentarsi. O di quella sorella che fa di tutto per i genitori fino a trascurare la propria vita, ma l’amata resta sempre l’altra, quella che non muove un dito”. Invece di farne una tragedia, perché nella vita si versano anche molte lacrime, Augusto Fornari – che firma la sceneggiatura con il fratello Toni, Andrea Maia e Vittorio Sinopoli – sceglie la strada della commedia. Da Speriamo che sia femmina di Monicelli a La famiglia di Scola, da Mignon è partita di Archibugi a Mine vaganti di Ozpetek, con sfumature diverse, la famiglia è sempre stata protagonista. “Abbiamo utilizzato la commedia” dice Fornari “perché ci sembra il genere più adatto a mettere in luce con la dovuta leggerezza, il ‘meccanismo’ ma soprattutto la sostanza d’amore che pervade i rapporti familiari. Il progetto nasce da una pièce teatrale francese. Nel film, oltre al tema del rapporto tra fratelli, sviluppiamo il tema delle bugie familiari: le cose che ci nascondiamo e che tutti sanno. Sono felice perché il cast è strepitoso, hanno legato benissimo tra loro”. I ruoli sono definiti. “Io sono quella ‘responsabile’ che cerca di tenere uniti i fratelli” racconta Matilde Gioli “che è quasi sempre il compito delle sorelle, cerchiamo l’equilibrio, la pace”. Libero De Rienzo definisce il suo personaggio “la coscienza del gruppo”, Stefano Fresi è il “gemello diverso” che cerca la mediazione, Lino Guanciale è lo scapestrato. “Penso che la famiglia sia tutte e due le cose: gabbia e cordone ombelicale, non ce la fai mai a tagliarlo”.

La Repubblica

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