Giorgia: «Pensavo quasi di mollare, ora nei teatri sono rinata»

Per Giorgia, Blu Live, è il primo tour nei teatri classici in 30 anni di carriera. «Non prendo mai strade facili», dice subito. E sentirglielo dire, fa effetto. Forse perché da una cantautrice navigata come lei, con più o meno 15 tour alle spalle, vendite, classifiche, successi, e duetti con nomi come Ray Charles e James Taylor, ci si aspetta sia abituata. Invece, «entro per la prima volta in questi luoghi meravigliosi e mi manca il fiato: è una bellezza che fa bene alla coscienza».

Circondata da palchi, stucchi e marmi, l’immagine è di una Giorgia “vitruviana”, vestita Dior, come da copertina dell’ultimo disco, Blu (uscirà nei prossimi mesi il secondo, prodotto sempre da Big Fish). Una scenografia semplice, con la band a ferro di cavallo. Una scaletta ad hoc, con acustica ed elettronica che si rincorrono, momenti club, e l’improvvisazione di impronta jazz e soul a costruire una dimensione ideale per lei, nonostante qualche imperfezione dovuta proprio all’esordio. Una dimensione così perfetta che non renderà facile il ritorno nei Palasport.

È la seconda data, quella al Petruzzelli di Bari. Le canzoni «selezionate in base alla sofferenza» e «pensando al pubblico» (tante ballad) fanno avanti e indietro nella sua discografia. Dal Sanremo del ’94, “E poi”, all’ultimo, “Parole dette male”. Da “Di sole e d’azzurro” a Ladra di vento con “L’eternità” e “Spirito libero”, all’omaggio a Pino Daniele e alle battute sulla Vanoni. Fino al nuovo singolo, “Senza confine”, su ambiente e migranti: «Le parole sono di Elisa, con cui condividiamo (anche in spiaggia insieme ai nostri figli) la sensibilità verso temi attuali. La speranza è senza confini. La realtà, invece, è brutta. Siamo ostinati nel nostro ego, sperare è l’unico potere per ricostruire dalla macerie».

Giorgia: «Pensavo quasi di mollare, ora nei teatri sono rinata»
di Rita Vecchio
Per Giorgia, Blu Live, è il primo tour nei teatri classici in 30 anni di carriera. «Non prendo mai strade facili», dice subito. E sentirglielo dire, fa effetto. Forse perché da una cantautrice navigata come lei, con più o meno 15 tour alle spalle, vendite, classifiche, successi, e duetti con nomi come Ray Charles e James Taylor, ci si aspetta sia abituata. Invece, «entro per la prima volta in questi luoghi meravigliosi e mi manca il fiato: è una bellezza che fa bene alla coscienza».

Circondata da palchi, stucchi e marmi, l’immagine è di una Giorgia “vitruviana”, vestita Dior, come da copertina dell’ultimo disco, Blu (uscirà nei prossimi mesi il secondo, prodotto sempre da Big Fish). Una scenografia semplice, con la band a ferro di cavallo. Una scaletta ad hoc, con acustica ed elettronica che si rincorrono, momenti club, e l’improvvisazione di impronta jazz e soul a costruire una dimensione ideale per lei, nonostante qualche imperfezione dovuta proprio all’esordio. Una dimensione così perfetta che non renderà facile il ritorno nei Palasport.

È la seconda data, quella al Petruzzelli di Bari. Le canzoni «selezionate in base alla sofferenza» e «pensando al pubblico» (tante ballad) fanno avanti e indietro nella sua discografia. Dal Sanremo del ’94, “E poi”, all’ultimo, “Parole dette male”. Da “Di sole e d’azzurro” a Ladra di vento con “L’eternità” e “Spirito libero”, all’omaggio a Pino Daniele e alle battute sulla Vanoni. Fino al nuovo singolo, “Senza confine”, su ambiente e migranti: «Le parole sono di Elisa, con cui condividiamo (anche in spiaggia insieme ai nostri figli) la sensibilità verso temi attuali. La speranza è senza confini. La realtà, invece, è brutta. Siamo ostinati nel nostro ego, sperare è l’unico potere per ricostruire dalla macerie».

Il suo pubblico, di tutte le età, canta a squarciagola fin da “Gocce di memoria” con cui apre il concerto. «Mi hanno dato l’onore di esibirmi qui, non so se si sono sbagliati. So, però, che sono infinitamente grata». Un traguardo per Giorgia, anche come artista donna in un panorama musica dove di donne (parlano i numeri), non ce ne sono tantissime. «Per me rappresenta un punto di arrivo, me lo sono guadagnato. Devi mettere da parte la mente: essere qui fa davvero effetto».

La gratitudine è doppia, visto che racconta la sua “chiusura psicologica” degli ultimi anni: «Avrei potuto cambiare percorso, ho pensato a tutto, anche di fare altro, e che il mio tempo fosse finito». A ridarle «la spinta creativa» il film di Rocco Papaleo (“Scordato”) e la partecipazione al Festival. «A 20 lo fai senza pensarci troppo, a 50 anni partecipi con un fardello tale da salto di coscienza. Sapevo che la canzone non sarebbe arrivata subito, ma è stata un’esperienza d’impatto per la mia voce. Amadeus dà spazio alla realtà musicale contemporanea, come Baudo fece allora con Sanremo Giovani rivoluzionandolo. La cosa diversa oggi è la presenza dei social».

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