Maurizio Costanzo e la quarantena con Maria De Filippi: «Noi, anime casalinghe»

In tempi di coronavirus, il giornalista racconta l’isolamento con la moglie: «Non siamo tipi mondani, in 25 anni di matrimonio non abbiamo mai frequentato salotti o fatto cene fuori a lume di candela. Cosa mi manca? Il pranzo del giovedì con figli e nipoti»

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L’ha cercato per tutta Roma, telefonata dopo telefonata, con la speranza di trovare una pasticceria aperta: «Niente, tutto chiuso», rivela Maurizio Costanzo, «il 19 marzo ho dovuto rinunciare al mio adorato bignè di San Giuseppe». Lo storico giornalista e conduttore televisivo sorride sornione: le misure restrittive per il contenimento del coronavirus hanno impattato sulla vita di tutti, compreso sulla sua.

«In realtà non così tanto», afferma in una lunga intervista al Corriere della Sera, rivelando l’anima casalinga sua e della moglie, Maria De Filippi: «Siamo sposati da quasi 25 anni: in tutto questo tempo non abbiamo mai frequentato salotti mondani o fatto cene a lume di candela al ristorante. Ci spostiamo abitualmente da casa a lavoro: la sera mi piace aspettarla per mangiare, lo faccio adesso come sempre».

«Cosa mi manca in quarantena? Il pranzo con i figli e i nipoti». Che pare sia un appuntamento fisso del giovedì: «Aspetto che si allentino le misure di sicurezza per ripristinare un po’ le vecchie abitudini, mi mancano Camilla e Saverio», che lo hanno reso nonno di quattro nipotini. «Ci sentiamo spesso al telefono, ma niente videochiamate. Sono antico, e poi mi hanno già visto tante volte in televisione».

Quella tv che ricomincerà a fare dopo Pasqua con le nuove puntate de «L’intervista»: nel frattempo continua a recarsi nel suo ufficio sempre sotto scorta («perché la mafia non si mette in malattia») e pare abbia quasi finito il suo nuovo libro («ho già il titolo, parlo di coronavirus, ma non solo»). Il tutto in una Roma deserta: «Mi mette tristezza vedere i negozi chiusi, sono preoccupato per la botta economica».

Ma nell’emergenza, Costanzo riesce a trovare anche elementi positivi: «Osservare le persone che cantavano alle finestre mi ha davvero emozionato», conclude. «Ho visto un senso di appartenenza che ci farà bene».

Vanityfair

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