Calcio, ecco come funziona la spartizione dei ricavi da diritti tv

E’ ormai un tema caldo del mondo del pallone da molti anni. Soprattutto in Serie A. La distribuzione dei ricavi dalla vendita dei diritti televisivi del campionato italiano è infatti tra quelli con le maggiori disparità nei principali campionati europei. Mediamente, il club che si aggiudica la fetta più grande dispone di 9 punti percentuali in più rispetto a quello che ne prende meno. Nell’ultima stagione, per esempio, la Juventus ha portato a casa l’11% contro il 2,5% dell’Empoli. In quanto a divario, fa peggio solo la Liga spagnola. Quella più equa risulta essere invece la Premier League, dove la prima in classifica si porta a casa il 6% circa contro il 4% dell’ultima classificata.

Ricordiamo che in Serie A la spartizione dei diritti televisivi avviene secondo i seguenti criteri:

– 40% in parti uguali

– 25% in base ai sostenitori

– 5% secondo la popolazione residente nel comune

– 5% in base ai risultati della stagione precedente

– 15% in base ai risultati del quinquennio precedente

– 10% in base ai risultati delle stagioni a partire dal 1946/1947

Decisamente più semplici sono i criteri di ripartizione nella Premier League. In Inghilterra il bacino di utenza e i risultati storici non sono affatto tenuti in considerazione.

– 50% in parti uguali

– 25% rispetto al numero di volte in cui una partita viene effettivamente trasmessa

– 25% in base alla posizione nella classifica finale del campionato precedente

Importanti modifiche sono state messe in atto in Spagna già dalla stagione 2016-2017, con l’obiettivo di ridurre il gap fra le prime della classe (Real Madrid e Barcellona) e il resto dei club partecipanti alla Liga.

Anzitutto, il montepremi complessivo è ripartito per il 90% alla Liga e per il 10% alla Liga Adelante (la Serie B spagnola). I criteri sono gli stessi in entrambe le categorie e nella massima serie sono applicati come segue:

– 50% in parti uguali

– 25% in base ai risultati sportivi dell’ultimo quinquennio

– 8% in base al numero di tifosi e di abbonamenti venduti nelle ultime 5 stagioni

– 17% in base al contributo del club nella vendita dei diritti tv (un criterio paragonabile al nostro bacino di utenza)

Vengono poi applicati dei limiti, secondo i quali a) per gli ultimi due criteri, nessuna squadra può ricevere una quota superiore al 20% del totale disponibile, b) il rapporto tra prima e ultima dovrà essere inferiore a 4,5. Le modifiche attuate hanno sì ridotto il divario tra prime e ultime ma non quanto auspicato dalla maggior parte dei club spagnoli.

Ben più significative sembrano essere le novità introdotte da quest’anno (2017-2018) in Bundesliga. In Germania, i diritti televisivi erano già suddivisi in “nazionali” e “internazionali” (coppe europee).

A partire da quest’anno, per le quote nazionali:

– il 70% del montepremi è suddiviso tra Bundesliga 1 e Bundesliga 2 tenendo conto della classifica dei due campionati negli ultimi 5 anni

– il 23% tiene conto della classifica ponderata degli ultimi 5 anni dei 36 club partecipanti ai due campionati

– il 5% in base alla posizione in classifica di ciascun club raggiunta negli ultimi 20 anni

– il 2% in base all’utilizzo di giovani sotto i 23 anni cresciuti nei club

Per quanto riguarda, invece, le quote internazionali è previsto un contributo fisso di 5 milioni di euro da ripartire tra le squadre di Bundesliga 2. Mentre per la massima serie:

– 25% in parti uguali fra tutte le 18 squadre

– 50% alle squadre che hanno partecipato alle competizioni europee negli ultimi 5 anni

– 25% in base al numero di partite effettivamente giocate nelle competizioni europee

Lorenzo Bordero, Il Sole 24 Ore

Torna in alto