IL RITORNO DI SANTORO: “A ROMA DISASTRO M5S, CON RAGGI C’È LA DESTRA”

Il conduttore pronto al rientro in Rai parla di tv e politica: “A viale Mazzini serve meno ordine”

michele-santoroGLI SPOT sono andati in onda per tutto agosto. Michele Santoro torna in Rai da produttore e conduttore. Nome del programma top secret: sei prime serate su Rai 2, le prime quattro centrate su grandi reportage, le ultime due sul genere docu-fiction che da anni è il pallino del conduttore. Ma guai a parlare a Santoro di morte del talk. “Che sciocchezza – si ribella – andatevi a guardare i numeri di quanti cittadini a settimana si informano via talk: parliamo nel complesso di una decina di milioni abbondante “.

Nel suo ufficio al quartiere Delle Vittorie, a due passi dalla storica sede Rai di via Teulada, Santoro sta preparando i bagagli: alla Mostra del Cinema di Venezia passa il suo “Robinù“, documentario sui giovani camorristi delle periferie di Napoli. Nelle sale montaggio si preparano i servizi per l’esordio previsto il 5 ottobre. Un’altra squadra sta invece preparando la striscia che Bianca Berlinguer condurrà ogni giorno in fascia pomeridiana su Rai3.

Torna in Rai dopo un estate di polemiche sulla normalizzazione dei tg. Preoccupato?
“Se parla del Tg3, penso che dopo sette anni ci stia un passaggio di mano, ma una maggiore attenzione ai tempi e ai modi non avrebbe guastato. Parlare però di editti alla Berlusconi non ha senso. Berlusconi controllava un monopolio, oggi il rischio non c’è. Piuttosto, vedo nel renzismo televisivo un desiderio di ordine, anche in senso buono, di enfasi sui buoni e le belle notizie, ma il servizio pubblico non è pedagogia”.

E cos’è?
“È anche disturbo, polemica, satira oppure si finisce a fare l’imitazione del privato, del circo Barnum del trash americano”.

Il servizio pubblico, nonostante le promesse di Renzi, sembra rimasto terreno di scorribande della politica.
“Di quale Renzi parliamo? Non mi piace il Renzi alla Sordi, quello che va in parata, o un certo familismo che lo spinge a circondarsi solo di persone che gli danno ragione. Anche Craxi amava comandare, ma all’ufficio legislativo di Palazzo Chigi metteva Giuliano Amato non il capo dei vigili di Firenze. Invece mi piace quest’ultimo Renzi, più pacato, che dopo il terremoto va a parlare con Renzo Piano. Finora ha lavorato sugli aiuti individuali, ma ora serve una grande leva statale. Serve un piano casa Fanfani. I cinesi ci comprano pure il Milan e l’Inter. Noi come rispondiamo? Senza uno Stato presente, finisce come in Germania, si lascia campo libero ai nazionalisti”.

Renzi chiede un sì al referendum costituzionale. Avrà il suo?
“Parto da una posizione molto critica. La riforma è scritta male e non mi piace l’accoppiata con l’Italicum. Ma sono pronto a cambiare idea. Chiedo: il nuovo Renzi lo cambia o no l’Italicum?”.

La pensa come la minoranza del Pd.
“Loro non avevano un progetto di governo chiaro quando è fallito il governo Bersani e non ce l’hanno ora. Grillo e Renzi sono due creature di quel fallimento. Servirebbe un dialogo per cambiare l’Italicum”.

I 5s paiono intenzionati a tenerselo stretto, l’Italicum.
“Eh, ma solo con un’iniziativa del governo questo può essere chiaro a tutti”.

L’iniziativa non c’è.
“E allora potrei fare come a Roma, dove non ho votato, anche se il mio quartiere, i Parioli, è l’unico dove ha vinto Giachetti“.

Cosa pensa di quello che sta accadendo a Roma?
“A Roma la campagna non l’ha fatta la Raggi, l’ha fatta la magistratura con Mafia capitale. Quanto ai problemi della sindaca, mi pare tutto chiaro. Il suo stesso movimento la considerava debole e le ha costruito una cortina di protezione. Solo che non ha retto”.

Raggi dice che è vittima dei poteri forti.
Si chieda perché a Torino Appendino non ha i suoi disastri. Ha vinto sulla base di una spinta popolare fortissima e ora siamo davanti a un caso di leninismo: una cuoca al governo. Raggi è stata un caso internazionale. La Amanpour della Cnn è venuta a intervistarla. Bisognerebbe chiederle con che impressione se ne è andata. Io lo so, taccio per carità di patria. Poi diciamola: tutto quello che sta intorno alla Raggi è di destra.

I 5S negano l’esistenza di destra e sinistra.
“Lo dicessero ai padri costituenti, li prenderebbero a sberle. Non a caso spunta che il nuovo assessore al Bilancio l’ha sponsorizzato Sammarco. Vedo che il mio amico Travaglio considera l’ex alemanniano Marra un tecnico indipendente. Non mi pare la definizione più calzante”.

Il M5S lo ha sdoganato lei presso il pubblico di sinistra.
“Alt. Io rivendico di aver dato spazio a un movimento che è diventato un grande protagonista della scena nazionale. Non significa che io condivida la loro tecnica di formazione della linea politica. Se i movimenti si limitano a registrare l’umore della Rete, la politica è finita”.

L’umore della piazza come bussola politica non è un suo brevetto?
“Abbiamo dato la parola alla piazza e ne sono orgoglioso. Ma chi le ha fatte le trasmissioni contro i forcaioli all’epoca di Tangentopoli e dopo? Libero Grassi, ucciso dalla mafia nel 1991 dopo aver denunciato il pizzo a Samarcanda, era un populista?”.

Lei ha creato anche De Magistris e Ciancimino icona anti-mafia. Orgoglioso anche di questo?
“De Magistris era una bellissima storia, andava raccontata. Ciancimino icona non lo abbiamo creato noi, succede a chiunque va in tv. Se vuoi capire qualcosa di mafia, con chi vuoi parlare? Prenda il caso Vespa, l’intervista al figlio di Riina l’avrei fatta anch’io. Non è colpa di Riina junior se non è venuta come l’intervista di Biagi al boss Luciano Liggio “.

Santoro respinge la patente di populista?
“Buoni politici fanno buone leggi e cattivi politici fanno cattive leggi. Io nella politica ho sempre creduto. Tanto che quando Grillo, non ancora in politica, mi chiamava per dirmi “tu hai una forza politica immensa nelle mani”, io gli dicevo “non è la tv che deve cambiare il sistema”. Grillo ha messo in pratica quello che consigliava di fare a me”.

E lei ora cosa consiglierebbe a Grillo?
“Lo stesso che consiglierei a Renzi. Superate il vostro limite, che è la paura dei corpi intermedi, di aprirsi al dialogo. Ai 5stelle dico: non basta fare le pulci a Renzi e dire sempre
no. Per esempio, se vincete il referendum cosa fate? Ditecelo ora. Perché se volete lasciare il pallino a D’Alema e al governo Padoan, non servite a niente. Per paradossale che sia, possiamo sperare solo che Renzi e i 5stelle ce le facciano. Tutto il resto è restaurazione”.

Stefano Cappellini, La Repubblica

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