Rocco Hunt e i tormentoni: «Ho una doppia anima: credo nel rap di denuncia ma è tempo di leggerezza con il pop commerciale»

Li avevamo lasciati «A un passo dalla luna», li ritroviamo a scambiarsi «Un bacio all’improvviso»Rocco Hunt e Ana Mena tornano a scaldare anche questa estate con una nuova dose di pop, reggaeton e bachata. Il sodalizio dello scorso anno tra il rapper e hitmaker campano e la stellina spagnola ha portato risultati strabilianti: «A un passo dalla luna» ha superato i 350 milioni di streaming, ha nove dischi di platino tra versione italiana e versione spagnola, è entrata nelle classifiche di America Latina, Spagna, Francia. Un successo che si aggiunge alla lista di tormentoni di cui Rocco Pagliarulo è autore, da «Roma – Bangkok» di Baby K e Giusy Ferreri a tanti brani scritti con i Boomdabash, tra cui «Karaoke».

Squadra che vince non si cambia?

«Si dice che la musica sia usa e getta ma io e Ana abbiamo fatto un piccolo miracolo, cioè far durare A un passo dalla luna per più di un anno, quindi è stato spontaneo avere un follow up. E poi tra noi è nata una bella amicizia».

Cosa avete in comune?

«Siamo due ragazzi del sud, io salernitano e lei malagueña. Quel sud viscerale fatto di tradizioni e contaminazioni popolari. Lei da piccola cantava il flamenco, io le canzoni napoletane».

Cosa ama della sua voce?

«Non so se mia moglie approva, ma Ana ha un timbro sensuale e soave che a tratti ricorda quello di una bambina, con sfumature spagnole».

Non temete di ripetervi?

«Credo sia un ritorno che la gente voleva. Lavorando a tanti successi dell’estate ho visto che i bis funzionano. È chiaro però che l’anno prossimo bisognerà fare qualcosa di nuovo: tre volte consecutive no».

«Tormentone» spesso ha un’accezione negativa.

«Ho scritto pezzi seri nella mia vita, ma questo non lo è ed è fatto apposta. Pensate se dopo i mesi passati arrivasse una canzone pesante! Comunque nessuno ha la pretesa di accontentare tutti, ma anche chi parla male dei tormentoni almeno una volta, sentendoli, un sorriso lo fa».

C’è una corsa annuale ad azzeccare la hit?

«Fortunatamente sono un cantante estivo atipico e non mi ritengo vittima della gara dei tormentoni. Non sono come quelli che sbucano a maggio e vanno via a settembre, i “Bublé del Natale”. Ho una carriera anche d’inverno».

È anche tra gli italiani più sentiti al mondo su Spotify.

«Sono stato anche primo in radio in Spagna: non succedeva da Laura o Eros. Finalmente noi italiani siamo un pochino cool e sono felice anche per i Måneskin, arrivano dal niente e hanno risultati storici. Hanno rievocato la nostalgia del rock, io l’ho fatto con il pop-rap: spero si aggiungano altri».

Nel 2014 la sua «Nu juorno buono» ha vinto Sanremo tra le nuove proposte.

«Era la prima volta per un brano rap, parlavo della mia terra e di speranza, ma c’erano parole in napoletano e temevo di non essere capito. Sette anni dopo, il rap in tv è diventato naturale e anche il napoletano è di nuovo cool».

Come concilia il lato da hitmaker e quello di rapper?

«Ho due anime ma dietro c’è sempre Rocco. Il rap e la denuncia sociale sono la mia vera essenza, ma dentro di me c’è stata un’evoluzione e ho fatto delle cose potenti a livello commerciale».

Commerciale per lei è…?

«Un complimento, significa piacere a tanti, anche a mia nonna e mio figlio. Ho cambiato stato sociale con la musica, perché negarlo. Non avrebbe senso parlare di strada o rivalsa se ora non mi appartengono più. Ma non mi faccio mancare l’anima arrabbiata e non dimentico le mie origini».

Un paio di anni fa, sui social, aveva annunciato l’addio alla musica.

«Non era quello il messaggio. Si trattava di una delusione momentanea di cui ho voluto rendere partecipi i fan. Ma ho peccato di immaturità, avrei potuto evitare. Non ho mai pensato di mollare».

A 26 anni ha già famiglia: suo figlio ama le sue hit?

«A 4 anni è uno spoiler vivente. Così a marzo la maestra ha chiamato mia moglie chiedendo cosa fosse questo “bacio all’improvviso” che sentiva cantare dalla sua classe…».

Barbara Visentin, corriere.it

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