La dura infanzia di Terence Hill: sotto le bombe di Dresda e a piedi fino all’Umbria

L’attore, alla soglia degli ottant’anni, ha svelato i suoi ricordi della guerra, spiegando di essere arrivato con la famiglia in Italia portando in mano tutto quello che aveva

Dietro la malizia dolce di Mario Girotti in arte Terence Hill — dietro le sue performance sottovalutate di cowboy spaghettaro ante litteram, o quelle stranote al fianco di Bud Spencer fino alle più recenti nei panni soavi e stra-nazional-pop di Don Matteo — c’è un’infanzia dura, la più dura che si possa immaginare. Sul numero di Oggi in edicola, l’attore racconta che alla soglia degli ottant’anni (li compie in marzo) quei ricordi riaffiorano con forza: «Fino ai sei anni ho parlato solamente tedesco. Mia madre veniva dalla Sassonia. Io sono cresciuto a Lommatzsch, vicino a Dresda». La città fu rasa al suolo dai bombardamenti alleati: «Non ne parlo volentieri. Con mia madre ci siamo nascosti in cantina. Da lì potevamo vedere che il cielo sopra Dresda era totalmente rosso. Mio padre lavorava come chimico in una fabbrica e da una settimana non ne avevamo notizie. Avevamo paura. Finché un giorno un fratello di mia madre prese la bicicletta per cercarlo. Lo trovò in un bosco dove si era nascosto». Dopo la guerra il ritorno in Italia, il paese del padre e in cui Mario-Terence era nato (nel 1939 a Venezia): era il 1947 e «quando ha ricevuto un’offerta di lavoro, ci siamo trasferiti in Umbria. Abbiamo fatto tutta questa distanza a piedi, portando tutto quanto possedevamo in mano». Vent’anni dopo, a Roma, l’incontro con la moglie Lori: «Una settimana dopo è partita con me per Almeria per aiutarmi con la lingua americana. Quando due mesi dopo le riprese finirono, ci sposammo… C’era qualcuno che diceva che non poteva durare dopo così poco tempo. Ma noi abbiamo rischiato e adesso siamo sposati da ben 51 anni».

Gianluca Mercuri

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