Ultime da X Factor / Ecco i 5 di Fedez e Agnelli

Arrivati ai Bootcamp, scegliere non è stato poi così difficile. Nella quarta puntata di X Factor sono arrivati i verdetti di Fedez e Manuel Agnelli, rispettivamente a capo degli Under Uomini e dei Gruppi. Fatta qualche eccezione ( Samuel Storm, Kamless Kishnah, i Ros e i Maneskin) sul palco non si sono viste esibizioni particolarmente brillanti, di quelle indimenticabili, che lasciano il segno. C’è chi ha fatto molto meglio alle Audizioni e sulla sedia non si è neppure accomodato e chi si è seduto, ma solo per una manciata di minuti. Giusto il tempo di sognare, sudare freddo e poi alzarsi per lasciare il posto a qualcun altro. E così, nonostante qualche esitazione, Fedez e Agnelli hanno scelto i 5 talenti da portare alle Home Visit.

I Bootcamp di Fedez

Per gli Under Uomini, il primo a salire sul palco è Luca Marzano che con “Hey ho” si aggiudica la prima sedia e sogna, ma solo per poco. Fedez, che dalla sua ha le idee ben chiare, non vuole dare false illusioni ma neppure precludere importanti occasioni, e così, nonostante un’esibizione non proprio coinvolgente, dice di sì anche a Sidy Lamine Casse. Niente da fare per Leonardo Belleggia, da Fedez definito «la persona giusta nel momento sbagliato» e neppure per Andrea Uboldi, il 16enne rapper che la volta precedente aveva commosso tutti raccontando il suo dramma familiare. Stavolta però emozione e tensione giocano brutti scherzi, Andrea va nel pallone e così Fedez, sottolineandone l’immaturità anagrafica, decide di lasciarlo a casa. «Sei troppo giovane e talentuoso per bruciarti subito. Non ti do la sedia ma ti invito a non mollare», gli dice il giudice. Che nella sua squadra da una seconda possibilità a Francesco Bertoli, ex voce dei Jarvis, e accoglie a braccia aperte Gabriele Esposito, l’anno scorso eliminato proprio ai Bootcamp da Arisa. Per fortuna, stavolta, il copione non si ripete e il 18enne napoletano resta seduto. Resta solo una sedia libera e se la aggiudica Kamless Kishnah, che con un’interessante versione di Payphone dei Maroon 5 convince e stupisce Fedez. Ora, però, il gioco si fa duro: con l’arrivo sul palco di Samuel Storm, «papabile vincitore» per Fedez, Luca Marzano è costretto, a malincuore, a lasciargli la sua sedia. Così come si alzano Francesco Bertoli e Sidy per fare posto a Domenico Arezzo e Lorenzo Bonamano che, a differenza delle Audizioni, stavolta ottiene il sì di Fedez.

I Bootcamp di Manuel Agnelli

Sguardo severo, lingua pungente e idee ben chiare in testa, tanto da rimbalzare i consigli dei colleghi. Manuel Agnelli si mostra subito sicuro di sé: ha già in mente qual è il percorso da fare e quali sono i 5 gruppi che meritano di sfidarsi per accedere ai Live. Una sedia è subito per gli Heron Temple che con “Without we go” convincono tutti. Niente da fare per El Cartel e The Sunset, mentre, nonostante i dubbi sollevati da Fedez, e performance non proprio brillanti, il leader degli Afterhours concede un posto, seppure con riserva, anche ai Deadline induced panic e agli Stereotapes. Nessun dubbio invece per Sem&Stenn, secondo Agnelli protagonisti dell’esibizione più convincente in assoluto. La situazione si ribalta con l’entrata in scena dei Noiserz che, a sorpresa, cantano in italiano per la gioia di Mara Maionchi, paladina della canzone italiana, che la volta scorsa li aveva criticati per la scelta di brani inglesi: la band rischia grosso con un mush-up di Dolcenera e Bocca di Rosa, due intoccabili capolavori di Fabrizio De Andrè. Levante, Fedez e Mara Maionchi approvando, Agnelli un po’ meno ma la sedia la concede lo stesso. Ma solo per un po’: i Noizers si alzano per cedere il posto ai Maneskin che con una versione tutta loro di “Io vengo dalla luna” di Caparezza conquistano pubblico e giuria. Niente da fare per The Wer, Belize e Stereotapes, gli ultimi due posti a sedere sono per i Ros che sulle note di “Svalutation” di Adriano Celentano “soffiano” il posto ai Deadline, e per le spagnole Ana e Carolina. La squadra è al completo e Agnelli mette in guardia i suoi: «Sappiate che io voglio fare un percorso sulle identità. Quindi, non solo c’è molto lavoro da fare, ma probabilmente non vincerete».

Rosaria Corona, Il Secolo XIX

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