Venezia: la lotta di classe di Guédiguian e Guedes

In concorso ‘Gloria Mundi’ e ‘A Herdade’

Forse sarà solo un caso, ma la 76/a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica si chiude in lotta di classe. Di scena infatti, mancando all’appello solo due film in corsa per il LeoneWaiting for the Barbarians e La Mafia non è più quella di una volta -, due opere divise a metà tra famiglia e scontro sociale. Ovvero ‘ Gloria Mundi’, una sorta di Ken Loach marsigliese firmato da Robert Guédiguian e ‘A Herdade’, una saga portoghese sulle disgrazie del potere di Tiago Guedes.Nel caso di Guédiguian incipit metafisico, con un parto in primo piano minuto per minuto, sulle musiche del ‘Requiem’ di Verdi e ‘Pavane pour une infante defunte’ di Ravel. A nascere è la piccola Gloria, ma la sua venuta al mondo peggiora anche più, se fosse possibile, la condizione economica dei suoi genitori: padre autista Uber, senza troppa fortuna, e madre commessa in un magazzino tartassata da una padrona aguzzina. Ma c’è una persona da avvisare per questa avvenuta nascita e che forse potrebbe cambiare le cose in questa famiglia in difficoltà, ovvero Daniel (Gerard Meylan) appena uscito di prigione e nonno della neonata Gloria. Daniel, tornato a casa, ritrova oltre alla bambina, l’ex moglie (Ariane Ascaride, moglie e musa da sempre del regista) che nel frattempo si è risposata e ha avuto un altra figlia. L’affetto che prova Daniel per Gloria e l’apparente felicità iniziale non potrà cambiare le cose di questa famiglia destinata a un’altra tragedia come appunto suggerisce il titolo: Sic transit gloria mundi.”Per parafrasare Marx, ovunque regni il neocapitalismo ha schiacciato relazioni fraterne, amichevoli e solidali, e non ha lasciato altro legame tra le persone se non il freddo interesse e il denaro, annegando tutti i nostri sogni nelle gelide acque del calcolo egoistico. È ciò che questo racconto sociale vuol mostrare attraverso la storia di una famiglia fragile come un castello di carte” spiega il regista, sceneggiatore e produttore francese di origini armene. Un inno all’onnipotenza, una sorta di Prometeo portoghese ricco come un Creso è invece il protagonista assoluto di A Herdade di Tiago, ovvero Joao Fernandes (Albano Jerónimo) , carismatico proprietario di una delle più grandi tenute d’Europa: 14.000 ettari. Chi non si sentirebbe un re con un tale territorio sulla riva del fiume Tago? E chi non riterrebbe suoi sudditi l’enorme quantità di lavoranti al suo servizio? E Joao, e la sua famiglia allargata, non è da meno, ma siamo nella seconda metà del ventesimo secolo e la storia di questa fattoria cambia inevitabilmente insieme ai relativi cambiamenti nella vita politica, economica e sociale del Portogallo dagli anni ’40, attraverso la rivoluzione dei garofani, fino ai giorni nostri.”La ‘herdade’, che ha origine dal latino ‘hereditas’, è in questo film un regno dominato da un uomo carismatico e progressista, in un Paese sottoposto a una dittatura fascista.Sia la proprietà che l’uomo, entrambi inizialmente grandiosi, con il passare del tempo sono inevitabilmente destinati a scontrarsi con i venti del cambiamento, a rivelare le imperfezioni, le zone grigie, e a crollare. Lungo tutto il corso della vita, le scelte che facciamo ci definiscono, ma portiamo con noi qualcosa che non riusciamo a percepire né a controllare.Qualcosa che è nato con noi, che abbiamo ereditato. Questo film ci racconta delle inevitabili connessioni che ci definiscono e ci condizionano”.

Ansa

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