OLIVIERO TOSCANI SBARCA IN TV: “IL TALENT BISOGNA AVERLO, NON GUARDARLO”

Dal 21 luglio l’autore delle più provocatorie campagne pubblicitarie degli ultimi anni sarà giudice su Sky Arte di “Master of photography”, il primo talent dedicato alla fotografia: “Mi interessa la contemporaneità”

oliviero toscaniSchietto, ironico, provocatorio, autore per Benetton di campagne passate alla storia (contro il razzismo, un cuore uguale per tutti; il bacio tra sacerdote e suora, il malato di Aids morente), figlio d’arte (il padre Fedele era fotoreporter al Corriere della sera, negli anni gloriosi di Buzzati, Vergani, Montanelli), Oliviero Toscani, classe 1942, approda in tv su Sky Arte HD dal 21 luglio come giurato (insieme a Rut Blees Luxemburg e Simon Frederick) del primo talent show dedicato alla fotografia, Masters of photography presentato da Isabella Rossellini.
Tra ritratti, autoritratti, backstage, nudi e paesaggi dodici fotografi amatoriali e professionisti provenienti da tutto il mondo si sfidano all’ultimo scatto. Toscani ha ritratto le prime modelle senza un filo di trucco e così continua a cercarle, in fondo ricordano sua moglie Kirsty, ragazza di rara bellezza invecchiata con la sua faccia. «Non capisco mica perché le donne si mettono i tacchi, perché si riempiono di botox: sono facce, quelle? Imparate a piacervi per come siete». Non ha un gran rapporto con la televisione: «Il televisore lo tengo in un gabbiotto nell’orto, ma non per snobismo, perché qualsiasi televisore accesso mi ipnotizza ed è una rovina per me. Quando sto lì a zappare è una droga».
Allora Toscani, visto che non guarda la tv, perché partecipare a un talent?
«Perché sono curioso, volevo vedere se nel talent c’è il talento e volevo giudicarlo. Anzi, volevo capire se ho abbastanza talento per giudicare».
Non farà il modesto, il suo talento è conclamato.
«L’unica cosa interessante al mondo è vedere se gli uomini sono dipendenti dalla tecnologia o se hanno la capacità di immaginare. Siccome fare fotografie è immaginare e io faccio foto, a mio modo racconto un mondo sono un autore: ce ne sono in giro?».
Non è mai stato tenero con la tv.
«E’ vero perché quando vado in televisione vedo come funziona, devi capire quali sono i limiti, ma non mi è dispiaciuta questa esperienza, a parte i talenti mi è piaciuta la gente che lavora a Sky Arte, forse la parte più artistica è rappresentata dai ragazzi della produzione, penso che continuerò a farlo. Sempre se non muoio».
Ma che discorsi fa?
«Ma è una battuta. Sono serio, mi sono operato e ho messo le protesi alle ginocchia. Eccomi qua, già al lavoro, noi ragazzi over 70… Ha visto, no? I Rolling Stones fanno i tour, non siamo molli. Ma li vede i quarantenni e i cinquantenni come sono comodi? La mia generazione si è dimenticata di aizzare i ventenni contro i quarantenni e cinquantenni, le nuove mamme e i nuovi padri si lamentano, sti ragazzi sono ancora a casa con i genitori. Sono stati rincoglioniti prima dalla tv e poi dalla tecnologia».
La televisione è la madre di tutti i mali?
«Non avendo talento i ragazzi guardano i talent. Non hanno capito che il talent bisogna averlo, non guardarlo».
Cos’è per lei la fotografia?
«Non è la fotografia che mi interessa, la foto non è che un dettaglio da cui partire per raccontare una storia. Sono figlio di un reporter del Corriere della sera, ho assorbito un modo di ragionare per immagini, per me vedere non è guardare. La foto già in sé dà un giudizio, è come un articolo sul giornale, non esiste la soggettività, devi avere un punto di vista. Poi l’immagine piace o non piace. Ma si ricordi una cosa: chi cerca il consenso è sempre mediocre».
Mediocre o insicuro?
«Forse anche insicuro. Certo è più facile copiare, la pubblicazione di massa è un’altra cosa. Se una foto non serve a niente la giudico “foto d’arte”. Per me uno scatto non è un fatto estetico, la fotografia deve essere la memoria storica dell’umanità. Avrei voluto vedere Gesù Cristo con la macchina fotografica attorno, forse la Bibbia e i Vangeli non sarebbero stati scritti. Pensi a Colors, raccontava attraverso il tema, che nessun giornale approfondiva in quel modo».
Lei puntava sullo choc, spiazzava i lettori.
«Il mio sogno sarebbe dirigere il giornale di carta, verrei domattina a farlo. Ho visto che Mario Calabresi ha dato spazio alle foto sul quotidiano».
Ma come? Non pensa anche lei la carta non abbia futuro?
«A me interessa la contemporaneità delle cose, l’orrore e la bellezza, insieme. Sono potenti. Quello che succede in un giorno raccontato per immagini deve essere un grande show».
Quanto è potente il cinema quando racconta la bellezza?
«Mah. Ad esempio La grande bellezza per me era molto superficiale, esteticamente, mi passi il modo di dire, era un po’ una sega mentale».
E la bellezza femminile com’è cambiata?
«Le più antifemministe sono le donne, ci sono direttrici che più le modelle sono anoressiche, brutte, conciate, più le scelgono. Brutte e infelici, poi si lamentano che le ragazze per assomigliare a quei modelli assurdi cadono in depressione e diventano disastri. La verità è che voi donne siete un disastro. Le prime nemiche di voi stesse».
Vittime dell’autocritica. Facile per gli uomini, non sono mai autocritici.
«Le donne sono creative di natura e quindi quando tentano di fare le artiste è un disastro mentre l’uomo non ha niente, solo quel vermicello lì, e deve fare l’artista per forza».
Anche lei fa foto di moda, anche lei impone modelli.
«E faccio una grande fatica a trovare donne naturali, adesso sono tutte conformate, anche al cinema: vada a vedere i film di Bunuel, ci sono nasi grandi e orecchie a sventola, grassi, magri. Ora sono tutti modelli da giornali patinati, sono tutti molto conformisti. Donne, ribellatevi all’apparire, la cosa più importante è la personalità, l’unicità. Ma le vede le giornaliste in tv? Che bocche hanno? Perché vogliono apparire così? Diventano mostri anche le donne intelligenti su quei tacchi assurdi, con quel trucco. Ma che fatica fanno?».
A presentare il talent è Isabella Rossellini, bella anche a sessanta anni.
«Bellissima e anche molto simpatica. Vera. Ero innamorato di sua mamma, Ingrid Bergman, queste donne che riflettono la luce sono rare. Invece è pieno di quelle che vorrebbero che la luce si riflettesse sugli zigomi arrotondati, un disastro».

Silvia Fumarola, La Repubblica

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