«Sì, anche io ci sono passata. Non posso più continuare a dire di sapere che cosa provano certe donne senza confessarlo», ammette Claudia Lagona, in arte Levante, in uno studio bianco di Milano, circondata da giornali accatastati per terra. Parla lentamente, chiedendo scusa per il tempo che le occorre per trovare le parole.
Il coraggio di raccontare parte della sua verità in questa intervista l’ha finalmente trovato. “Sono stata con un uomo che ha deciso di non rassegnarsi al mio ‘non ti amo’“, rivela.
Il ricordo di quanto ha vissuto e l’orrore di ciò che avrebbe potuto accaderle tornano spesso: ogni volta che legge sui giornali, ora sparsi sul pavimento, di un nuovo caso di femminicidio o dei segni premonitori di femminicidio come lo stalking. “Non riesco a non immedesimarmi”, confessa. “Ma il tempo, la maturità e anche essere diventata madre mi hanno aiutata ad elaborare, a non vergognarmi più di chi sono stata. A perdonarmi. E a voler uscire allo scoperto”.
Dopo dieci anni di carriera, mostrando un carattere deciso, idee chiare e un’energia palpabile sul palco, è ora lei a chiedere: “Allora, da dove inizio?”.
“Proprio una decina di anni fa mi sono infatuata di un uomo”, inizia il racconto. “Da subito è stato molto geloso. Mi controllava: ‘Dove sei? Perché non mi rispondi?'”. Le giustificazioni diventavano necessarie anche quando non c’era motivo. “Erano segnali, sia i suoi sia i miei. Ho capito abbastanza in fretta che non ero innamorata e gliel’ho detto. Non potendomi più avere ha perso le staffe”.
A seguire, Claudia racconta di come quell’uomo abbia tentato di ricattarla, con minacce e continue richieste di attenzione. “Mi ha scritto 980 mail nel giro di un mese”, rivela. Tutti intorno a lei erano preoccupati, ma forse non abbastanza da farla agire prima. “Fino a quando un amico avvocato mi ha consigliato di denunciare”.
La denuncia non è stata un processo facile. Claudia si è trovata di fronte a un sistema che tendeva a minimizzare, a giudicare, a mettere in discussione la sua esperienza. “Il nostro è un mondo di maschi, che protegge i maschi”, riflette.
Anche dopo la denuncia, le molestie non sono cessate completamente. Ogni tanto quell’uomo le scrive ancora, chiedendo scusa. “Mi sono presentata nella prima questura con il malloppo di mail stampate”, racconta. “Lì l’unica cosa che percepivo era il giudizio del carabiniere di turno”.
Ma Claudia ha trovato la forza di perdonare quell’uomo. “Ho capito di non averlo incontrato nell’amore, ma nel dolore. Il suo e il mio”, spiega.
Il percorso per accettare e condividere questa parte della sua verità non è stato facile. “Per tanto tempo ho percepito quell’esperienza come tale, un errore che ha portato dolore anche ad altre persone”, ammette.
La psicoterapia è stata una parte fondamentale del suo percorso di guarigione. “Dovevo curare le mie stanze buie: avere gli strumenti per capire sé stessi aiuta a capire chi hai di fronte e non lasci che i suoi traumi triggerino i tuoi”.
Claudia parla anche dell’importanza di parlare apertamente della depressione post partum e delle fragilità mentali. “Sembriamo tutti depressi, forse perché lo siamo”, afferma. “E allora diciamocelo”.
Infine, parla del futuro, della sua carriera musicale, del tour nei teatri italiani, e della sua vita come madre. Non ha intenzione di risposarsi né di avere un secondo figlio, ma desidera preparare sua figlia, Alma, per affrontare il mondo con forza e consapevolezza.
Claudia conclude con una riflessione sull’empatia e sull’importanza di non giudicare il dolore degli altri.