Dopo Wonder Woman, ecco Captain Marvel. La supereroina che fa impazzire le bambine

Arriva una nuova puntata della saga dei cinefumetti Marvel. Questa volta la protagonista è il premio Oscar Brie Larson nei panni di Carol Danvers

L’arrivo in sala di Captain Marvel, il primo cinekolossal Marvel a trazione femminile oggi ha messo in fermento la rete: è necessariamente tradizionale nella struttura, ma potente nei contenuti che arrivano tra una sparatoria, una battuta e un combattimento: femminismo e profughi in un’altalena di alto e basso, pop e politica, tecnologia e autori indie. L’immagine, iconica, è quella sul tappeto rosso con Brie Larson in abito blu da principessa che viene intervistata da una ragazzina vestita da Captain Marvel. E se le recensione sono miste, unanime il giudizio sulla protagonista che Variety ritiene possieda – a differenza di tanti colleghi – “the superpower of expression”.

Capitana mia capitana
Il cuore del film è la sua protagonista. Brie Larson, schiva attrice figlia del cinema indipendente che ha vinto un Oscar con Room, in cui interpretava una giovanissima madre segregata in una stanza con i figlio da un aguzzino. Ha ammesso espressamente che il suo interesse nel film e nel personaggio è che fornisce un formidabile esempio, modello di identificazione per le ragazzine di tutto il mondo, come già è stata Wonder Woman. Niente tacchi e scolli per la sua Carol Danvers, guerriera spaziale e personaggio misteriosissimo e lacerato che nel film si scopre poco a poco. La donna che cadde sulla terra, sfondando il tetto di un negozio di videonoleggio, scopre che ha un passato sul nostro pianeta, che è una ex pilota dell’Air Force coinvolta in un incidente in cui ha perso la vita l’iconica scienziata interpretata da Annette Bening. La affiancano l’amica del cuore, la collega pilota che aveva sofferto per la sua sparizione e che nel frattempo ha avuto una graziosissima figlia. Sono tanti i dettagli che fanno di Carol Danvers una donna reale, diversa dalle supereroine immaginate dai maschi e infatti per il film ci si è basati sulla rivisitazione di Kelly Sue DeConnick nei quali la Carol Danvers assume finalmente l’identità di Captain Marvel.

La missione di Brie Larson: “Parlare alle bambine”
Però, spinta dallo slancio, Brie ha dichiarato che avrebbe voluto incontrare più donne e minoranze tra i giornalisti durante la promozione, e qui si è scatenata (ma non aspettavano altro, lo avevano fatto pure con Black Panther), la reazione maschile che ha boicottato il film attraverso Rotten Tomatoes che monitora l’attesa del film, e il sito è stato costretto a togliere quell’indicatore, e poi ha accusato la nostra di non sorridere mai. Sì, proprio così. Quando l’abbiamo incontrata a Londra Brie Larson era piuttosto stanca e provata, ci ha confessato di sentire profondamente la responsabilità. Per l’attrice questo ruolo è una missione: ha esitato prima di accettare perché è di carattere schivo e temeva l’eccesso di popolarità che le avrebbe portato il personaggio, ma a convincerla è stato il fatto che “questi film contribuiscono a formare la nostra cultura, i valori in cui crediamo. Milioni di bambine vedranno Captain Marvel, si identificheranno. Sul set ho sentito la pressione, la fatica dei combattimenti, condiviso i momenti di fragilità con Carol: non dobbiamo mai cercare di essere dure come le pentole di Teflon, tantomeno perfette”. Sul tappeto rosso è stato un fiorire di abiti stupendi e sorrisi abbaglianti, e su Twitter ha tenuto a sottolineare, parlando di molestie, e che a vivere la situazione sono anche tantissimi uomini nel mondo. E poi sotto con le gag e le battute. La più esilarante è l’esibizione in tv con Samuel Jackson in cui cantano Shallow imitando Gaga-Cooper.

I favolosi Novanta (e qualche notata stonata)
Mentre Wonder Woman si sta immergendo nel 1984 per il prossimo capitolo cinematografico, Captain Marvel ha scelto i Novanta. E così i giustamente afflitti per la perdita di Luke Perry possono rifarsi con un amarcord meno amaro. A partire dal sito del film, costruito con la grafica e lo stile di quegli anni, tra scritte iridescenti, icone animate, i poster dei personaggi principali e il carattere Comic Sans sparso ovunque, proprio come si usava nei portali degli anni Novanta. C’è anche una vecchina che compare sul bordo della finestra di navigazione: se ci si clicca sopra si può prendere a pugni come Captain Marvel nel film: probabilmente è un alieno travestito. E poi c’è il cerca persona, usatissimo a quei tempi. Senza contare che Captain Marvel precipita sulla terra piombando direttamente sul negozio di videonoleggio Blockbuster, ai tempi eroici della videocassetta che ha aperto le porte del cinema a un’intera generazione. E i computer arcaici, i download di infinita lunghezza. E la colonna sonora, va detto a volte un po’ appiccicata, specie la stupenda Come as you are dei Nirvana usata in un momento centra poco.

Forever young. Nick Fury
Proprio perché ambientato negli Novanta, il film ci mostra un Nick Fury-Samuel Jackson notevolmente ringiovanito, compagno d’avventura di Brie (lo è stato anche nella notte degli Oscar): un gioiello di tecnologia, una branca che la Marvel porta avanti film dopo film (era già toccato a Robert Downey Jr.). Questo Fury ha tutti e due gli occhi, almeno per un bel pezzo di film, ed è un agente che lavora a fianco di Carol Denvers. Scopriremo quindi il percorso che lo ha portato a diventare il fondatore degli Avengers e la forte connessione del gruppo dei Vendicatori con Captain Marvel. C’è anche ovviamente un omaggio a Stan Lee, in una modalità che non va assolutamente svelata. Trai personaggi nuovi più divertenti c’è un fenomenale gatto fulvo per cui va pazzo Fury e che si rivelerà portatore di insospettabili segreti. È uno di quei personaggi ruba scena che sicuramente rivedremo.

La prima co-regista Marvel è Anna Boden
Non è un caso che Captain Marvel non indossa la minigonna e le divine zeppe da regina delle amazzoni, piuttosto veste una tuta massiccia e stivali a tacco basso. Spiega all’incontro nel londinese Corinthia Hotel, Anna Boden, la prima co-regista (con Ryan Fleck) di un cinefumetto Marvel (entrambi arrivano dal cinema indipendente): “Non volevamo una supereroina iperferminilizzata, ma un essere umano dalla personalità complessa, una pilota dell’Air force che si muovesse e agisse in coerenza con le sue origini”. In effetti la Carol Denvers del film è una figura forte e problematica, piena di difetti e alla ricerca di sé stessa: una guerriera spaziale con un potere immenso che precipita sulla terra, vi riscopre il passato da pilota dell’Air Force, e il legame fortissimo di un’amica e collega che non l’ha mai dimenticata e che l’aiuterà a comprendere la verità sulla sporca guerra stellare che si sta combattendo. Ma soprattutto Capitain Marvel “alza l’asticella del messaggio politico, per il modo in cui affronta vari temi: il prezzo della guerra, il problema dei rifugiati”. Il concetto di inclusione nel film riguarda anche le minoranza e si propone il compito – scivoloso per una major come la Disney – di mettere in discussione l’immagine degli immigrati come alieni minacciosi fornita dall’amministrazione Trump. Ancora la regista, Anna Boden: “Vogliamo sorprendere il pubblico, e farlo uscire dalla sala con il dubbio sulla percezione che in questo momento ci vogliono far avere degli immigrati in tanti paesi nel mondo”.

Arianna Finos, repubblica.it

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