Amore e altre catastrofi, Titanic torna al cinema. I fan sui social: “Ci saremo anche questa volta”

Il kolossal di James Cameron, uscito in sala vent’anni fa, torna dall’8 al 10 ottobre. Gli appassionati pronti a rivedere la storia di Jack e Rose. E su Twitter ci si organizza

“Rose, tu te la caverai. Andrai avanti con la tua vita, avrai molti bambini e li vedrai crescere. Morirai quando sarai vecchia, nel tuo letto. Non stanotte, non così…”. Per chi ha amato Titanic, forse basta questa battuta per ripercorrere all’indietro e in velocità vent’anni di vita, un po’ come Ego quando, in Ratatouille, assaggia il suo piatto preferito. Quella battuta racchiude centonovantaquattro minuti di emozioni e uno spettacolo straordinario che il tempo non riesce a intaccare. Adesso, a vent’anni dall’uscita, torna al cinema. E continua a raccogliere schiere di fanatici pronti a lacrimare davanti a una delle storie d’amore più travolgenti che cinema abbia mai raccontato.

Non c’è Ghost che tenga, non ci sono Pretty Woman, troppo facile che pure un fantasma voglia starti vicino se sei Demi Moore o fare il colpaccio se sei Julia Roberts. Qui c’è la Storia, il progresso, il Nuovo Mondo, il sogno e la catastrofe. Ci sono i ricchi e i poveri, i buonissimi e i cattivissimi, i flautini irlandesi, gli effetti speciali, la pioggia di Oscar. Un regista folle, James Cameron, che per portare a compimento un progetto-monstre per poco non finisce a cantare per osterie. Leonardo DiCaprio e Kate Winslet erano giovani e bellissimi, c’è My heart will go on che è un melodramma di per sé e quando la senti, che tu sia near, far o wherever you are non puoi non avere un sussultino. Certo, bisogna essere un po’ fan. E da vent’anni su Titanic ci si divide fra chi entrerebbe in sala indossando una cintura di tritolo e chi è disposto a rivederlo una volta al mese per altri vent’anni. Tanta critica, all’epoca, lo bollò col marchio dell’infamia. A oggi, fra la versione originale e quella 3D uscita nel 2012 l’incasso è di 2.186.772.302 dollari. E sui social i patiti si stanno già organizzando.

Le immagini della breve e intensa passione che lega Jack Dawson e Rose DeWitt Bukater tornano sul grande schermo dall’8 al 10 ottobre. Tre ore e un quarto di full immersion (è il caso di dire) nella tragedia del transatlantico che fa da sfondo alla storia della ragazza, tentata dal suicidio poiché costretta a sposare il ricco e stronzissimo Caledon per risollevare la propria famiglia dalla bancarotta, e a quella del giovane squattrinato che ha vinto a poker un biglietto per cambiare vita, ora si sente il re del mondo, salva la giovane dal volontario tuffo nelle acque dell’oceano e la incanta col suo talento artistico acquisito, dice, grazie a frequentazioni parigine con impressionisti di rango. A bordo, nei saloni, fra luci e cristalli, crinoline frac e piume di marabù si consumano cene sfarzose e chiacchiere alate.

Una passeggiata sul ponte, qualche parola al sole: per Jack e Rose è un attimo ritrovarsi a fare gli scemi su un pennone di prua. “Ti fidi di me?”, “sì, mi fido”; “apri gli occhi”, “sto volando Jack… sto volando!”. O su un divano (lei) a farsi ritrarre senza veli (“L’ultima cosa di cui ho bisogno è un altro ritratto in cui sembro una bambola di porcellana”). O a bordo di una Renault stivata a fare cose con i vetri appannati. Esplode l’amore ma pure la reazione dei personaggi di contorno, dall’ira della madre di Rose alla furia omicida del promesso sposo che cerca di accoppare Jack. Ma la tragedia vera è dietro l’angolo e ha la forma di un iceberg. Il kolossal storico diventa film catastrofico. Lo spettatore assiste al dramma minuto per minuto (la visione in 3D è quasi claustrofobica), vede inghiottire dalle acque personaggi che aveva iniziato ad amare. Naturalmente non Jack e Rose che la scampano sempre, un po’ per l’incoscienza della gioventù un po’ per alcune discrete botte di fortuna. E i violinisti continuano a suonare.

La fine è nota, nessun rischio spoiler, a quella porta-zattera ci siamo aggrappati un po’ tutti – a differenza di vent’anni fa, la versione 3D entrò nel mirino dei social che si interrogarono, sacrileghi, sul perché Rose non si fosse un po’ scansata per far posto a Jack invece di lasciarlo a mollo a crepare di freddo fino a vederlo scomparire nel blu. Serissima la risposta degli esperti e dei forum dedicati: perché non avrebbe retto il peso di entrambi.

Sul finale si torna all’oggi perché è da lì che s’era partiti: al 1996, sull’imbarcazione ultramoderna di un cacciatore di tesori che vuole recuperare dal relitto il “Cuore dell’oceano”, inestimabile diamante blu del quale si favoleggiava dai tempi dell’affondamento. Il ciondolo era di Rose, gliel’aveva regalato lo stronzissimo fidanzato. E’ l’inizio del film ma nella memoria sentimentale di Titanic frega a pochi, molto più forte il resto. Ma a bordo di quella nave hi-tech c’è Rose invecchiata, è lei che ha raccontato tutta la storia (“Sono trascorsi ottantaquattro anni e ancora sento l’odore della vernice fresca”). Si torna da dove si era partiti e un po’ anche dove s’è arrivati: Rose è alla fine della sua vita, vissuta nel ricordo dell’unico uomo che abbia mai amato. Ed è lei che restituisce quel cuore alle profondità del mare. Dove, in fondo, era sempre rimasto il suo: insieme a Jack.

Repubblica.it

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