Freddie Mercury compie 73 anni. In un libro tutti i segreti dietro le canzoni dei Queen: Bohemian Rhapsody erano tre brani e il vero testamento

Nel giorno del compleanno del cantante scomparso, esce «Queen. Opera Omnia – le storie dietro le canzoni» di Roberto De Ponti, curiosità inedite sui testi del gruppo inglese

 

Freddie Mercury compie oggi 73 anni. Sì, è vero, se n’è andato il 24 novembre 1991, quando di anni ne aveva 45, ma per i fan – e sono tanti, tantissimi – il tempo non è mai passato: Freddie è ancora lo spavaldo frontman con giacca gialla e baffi «Castro clone» che arringava le folle dal palco trasformando i Queen, la band di cui lui si è sempre detto «componente al 25%». È il campione del mondo che il mondo se l’è preso quel 13 luglio 1985, Wembley Stadium, Live Aid: «La più grande performance della storia del rock», parola di Dave Grohl, leader dei Foo Fighters, mica pizza e fichi. Oggi gli Hard Rock Cafè di tutto il mondo si trasformano in un unico locale in cui si celebrerà il cantante dei Queen. Stasera Montreux, il buen retiro del Freddie malato, la località in Svizzera dove la statua del cantante campeggia sulle rive del lago, ospiterà fan in arrivo da ogni dove per una festa in perfetto Mercury style. E da ieri il libro «Queen. Opera Omnia – Le storie dietro le canzoni», scritto dal giornalista del Corriere della Sera Roberto De Ponti e pubblicato da Giunti, prova a raccontare i tanti piccoli segreti che si nascondono dietro le oltre 200 tracce incise da Brian May, Roger Taylor, Freddie Mercury e John Deacon. Ecco dieci piccole anticipazioni.

La chitarrina di Deacon
Più o meno tutti sanno che Another One Bites The Dust , il brano che sarebbe diventato una numero 1 negli Usa (1980) fece litigare furiosamente i quattro: «Troppo disco music» sostenevano May e Taylor. Quello che non tutti sanno è che John Deacon, autore del brano, non suonò soltanto il basso, suo strumento abituale, ma anche la chitarrina alla Nile Rodgers degli Chic. May rimase a guardare. Aggiungendo poi: «Suonarla dal vivo è una delle cose più difficili che abbia mai fatto». Per Deacon, amante del funk, fu invece elementare.

La “rivalità” May-Mercury
Soprattutto a inizio carriera, i due facevano a gara per chi scriveva la canzone migliore. L’esempio perfetto ci fu durante la lavorazione di Queen II (1973): Freddie scrisse The March Of The Black Queen perché invidioso di White Queen (As It Began) di Brian. Il chitarrista a sua volta rispose con Father To Son. Mercury rispose con Ogre Battle. Da questa disfida nacque uno degli album più amati dai fan storici.

Le vacanze di Taylor
Roger Taylor ha composto due grandi successi dei Queen: Radio Ga Ga e A Kind Of Magic. Le sue versioni erano però molto diverse da quelle definitive: entrambe le volte Mercury sentì che le canzoni avevano potenziale e spedì l’autore in vacanza per una settimana. Poi le smontò e rimontò completamente: per A Kind Of Magic, per esempio, prese la base di basso di Keep Passing The Open Window e la sovrappose. Quando Taylor tornò, ascoltò il risultato e disse: «Ok, va bene così».

La canzone del cowboy
Pare che Bohemian Rhapsody (1975) sia il risultato dell’unione di tre canzoni, una di queste pare si chiamasse The Cowboy Song: lo racconta Chris Smith, tastierista degli Smile, band originaria di May e Taylor. Freddie suonava al pianoforte parti di canzoni che stava scrivendo e una di queste aveva la frase ‘Mama, just killed a man’. Si chiamava The Cowboy Song».

L’omaggio degli Skiantos
In The Millionaire Waltz, brano scritto da Mercury nel 1976 e dedicato al manager John Reid, May effettua un delizioso assolo di chitarra. Lo stesso assolo è stato ripetuto alla nota da Fabio “Dandy Bestia” Testoni, chitarrista degli Skiantos e grande fan dei Queen, nella canzone Senza vergogna.

La scala eternamente ascendente
L’introduzione di Tie Your Mother Down, brano d’apertura di A Day At The Races (1976), è stata ispirata a May dalle opere di MC Escher, l’incisore delle costruzioni impossibili che aveva disegnato la scala che continua a salire. In realtà il sistema usato dal chitarrista dei Queen si chiama scala di Shepard, dal nome dello psicologo Roger Shepard, ed è stato utilizzato anche da Bach, dai Pink Floyd e nella colonna sonora del film Dunkirk.

L’assolo all’italiana
Nel brano Action This Day, uno dei singoli tratti dal controverso album funk dance pop Hot Space, compare per la prima volta un musicista esterno alla band: è un sassofonista, di stanza ai Musicland Studios di Monaco, che esegue un doppio assolo di sax alto e sax tenore, ed è italiano di Sant’Agostino, provincia di Ferrara. Si chiama Giuseppe Dino Pepe Solera e ancora oggi, a 80 anni suonati, è un brillante turnista di musica classica, pop e rock.

Gli inni da stadio
We Are The Champions (Mercury) e We Will Rock You (May) sono le due canzoni più suonate negli impianti sportivi di tutto il mondo. Scritte entrambe nel 1977 e pubblicate sull’album News Of The World sono nate separatamente ma ispirate allo stesso avvenimento: il coro dei fan prima dei bis in un concerto alla New Bingley Hall di Stafford il 29 maggio 1977. Per convincere i Queen a tornare sul palco, il pubblico intonò You’ll Never Walk Alone, l’inno dei tifosi del Liverpool. Questo ispirò Freddie e Brian.

La canzone scritta per forza
I Was Born To Love You, pubblicata nell’album postumo Made In Heaven (1995), è in realtà il primo singolo del disco solista di Freddie Mr. Bad Guy (1985) ma Mercury non la voleva nemmeno pubblicare: furono i discografici della CBS a obbligarlo dicendo «quest’album ha bisogno di un singolo». Freddie la inserì a malincuore e rimase sorpreso quando raggiunse l’undicesimo posto della classifica inglese.

Il testamento segreto
Tutti considerano The Show Must Go On (album Innuendo, 1991) il lascito testamentario di Mercury, ma in realtà il brano è stato scritto da May. La vera canzone in cui Freddie, ormai malato, si volta indietro e fa un consuntivo della propria carriera e della propria vita è Was It All Worth It, brano che chiude il disco The Miracle (1989). Freddie si chiede se «ne era valsa la pena» di fare tutto quello che aveva fatto. La risposta ovviamente fu «sì». In pochi però si accorsero di quel consuntivo amaro.

corriere.it

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