Da solo sul palco, zero scenografia, illuminato da un riflettore e con un microfono, Angelo Duro racconta per un’ora e mezza con sarcasmo e cinismo come ha deciso di diventare cattivo. Un hater di professione. Indisponente. Per questo la gente lo adora. Nato a Palermo 37 anni fa Angelo Duro nel 2010 viene notato durante un’esibizione da Davide Parenti e ingaggiato dalle Iene. Poi si è messo in proprio. «Nell’epoca dell’individualismo sono diventato azienda di me stesso: così non mi posso licenziare». La Angelo Duro Spa è partita con dei video su Facebook e Instagram. Quello è stato il volano che gli ha aperto le porte dei teatri: «Racconto malesseri e nevrosi quotidiane… Io mi aspetto di vincere il Nobel, ma volo comunque basso».
Angelo Duro distrugge i luoghi comuni, non accetta i compromessi, non è conformista: «Chi mi odia mi ama. Io dell’odio ho fatto un punto di forza, per questo la gente mi apprezza». Tra Facebook e Instagram ha quasi due milioni di follower, ma lui detesta i social: «Erano nati per rimorchiare, poi sono diventati il luogo delle opinioni: idee banali che spesso rischiano pure di farti licenziare. I social poi fanno schifo perché sono gratis. Se un ristorante è gratis di solito fa schifo, è il prezzo che legittima il valore di una cosa». Lui si vanta di essere antipatico: «Tutti abbiamo dentro simpatia e antipatia, ma fingiamo e cerchiamo di farci vedere migliori di quello che siamo. Siamo ipocriti. Nel mio cinismo la gente trova il modo di fuggire dalle incertezze. Io in compenso gliene regalo altre».
Ribalta il senso comune: «I vecchi dicono che i giovani sono superficiali, che hanno sempre il cellulare in mano, che usano le tecnologia per trovare le risposte velocemente. Ma perché ve la prendete con i giovani? Sono stati i vecchi a inventare il cellulare, quando erano giovani. I giovani di oggi questa tecnologia se la sono ritrovata in mano. Quindi i vecchi dovrebbero prendersela con i loro coetanei». L’8 ottobre parte da Milano il suo nuovo spettacolo (Da vivo, prodotto da Friends & Partners), oltre 20 date, con chiusura a Roma: «Il mio sogno è che uno si suicidi durante un mio spettacolo. Perché la gente lo fa dai ponti, quando non c’è nessuno? Quanta gente triste… Anche voi siete tristi, avete bisogno di pagare uno perché vi faccia ridere…».
Renato Franco, Corriere.it