RadioMediaset, non solo rock

In vista acquisizioni di emittenti locali con brand forti

Il 12 luglio Virgin Radio compie dieci anni. Nata da una intuizione geniale di Alberto Hazan, ora l’emittente fa parte del gruppo RadioMediaset, ovvero il braccio armato del Biscione in fm. Un comparto, quello della radio, sempre più strategico nelle logiche di Cologno Monzese, soprattutto tenendo conto del fatto che la raccolta pubblicitaria complessiva del mezzo in Italia è in salute (+4,1% nei primi cinque mesi del 2017, +14,8% in maggio).
Per questo il polo con tre network nazionali, a breve, potrebbe essere consolidato con nuove acquisizioni. Al momento c’è infatti 105 che gioca per le posizioni di vertice nella classifica degli ascolti; c’è Virgin Radio, con il suo style rock a quota 2,5 milioni di ascoltatori nel giorno medio e una programmazione dove la musica italiana è sotto al 5%; e infine R101, anch’essa con musica molto internazionale e poco tricolore.
RadioMediaset, allora, potrebbe crescere proprio nel bacino della musica italiana. Non può farlo, per legge, attraverso acquisizioni di network nazionali. E allora la strategia del Biscione è quella di consolidarsi attraverso una serie di acquisizioni di importanti radio macroregionali, senza snaturarle, smontarle o cambiare loro il nome, ma provando a inserirle in un sistema e puntando decisamente sulla musica italiana.
Radio Subasio potrebbe essere uno degli obiettivi, ma non il solo. Il tutto entro il 2020, quando poi per RadioMediaset non sarà proprio più possibile crescere facendo shopping in Italia. A governare il mondo radiofonico di Mediaset c’è l’amministratore Paolo Salvaderi, che parla a ItaliaOggi reduce da una nottata di festa con i Coldplay dopo il concerto a San Siro, Milano.
Domanda. Il 12 luglio del 2007, alle ore 12, iniziò la storia di Virgin Radio con un disco dei Ramones. Una radio nata su iniziativa di Alberto Hazan, che ebbe grandi intuizioni e seppe mostrare come realizzare una nuova emittente, l’ultima nata ad avere grande successo, sulle ceneri della fallimentare esperienza di Play Radio targata Rcs. Perché Virgin funzionò sin da subito?
Risposta. Alberto Hazan, da grande editore, è stato capace di vedere le cose prima degli altri, prima delle ricerche di mercato. Virgin è un progetto nato tutto nella sua testa, e poi Hazan ha avuto anche il guizzo di non partire con un marchio nuovo e sconosciuto, ma di utilizzare il brand Virgin, proponendo una formula di style rock molto larga, e all’interno della quale riuscì a infilarci tanti generi. È un format senza eguali a livello internazionale, con un pubblico molto segmentato, ma non di nicchia. Di nicchia era quello di Rock Fm, che aveva 60 mila ascoltatori.
D. E adesso come sta cambiando Virgin Radio?
R. Quando è partita non aveva conduzione, non aveva programmi. Ora, invece, io punto molto sui programmi e sulla conduzione, per fidelizzare di più il pubblico, aumentare la permanenza e quindi gli ascolti. C’è ovviamente Ringo, che fu il primo ad andare in onda e che preserva lo spirito iniziale anche in qualità di direttore creativo di Virgin Radio. Poi abbiamo rilanciato il morning show, ci sono Beppe Severgnini, il programma di Paola Maugeri, e, ancora, Andrea Rock e Giulia Salvi. In rotazione va pochissima musica italiana, meno del 5%, ed è più probabile trovare i Litfiba o i Subsonica piuttosto che Vasco Rossi o Ligabue. L’audience non deve essere una ossessione per Virgin Radio, è una emittente che può accrescere gli ascolti con tranquillità, senza sporcare il palinsesto e senza allargare troppo i generi. Il prossimo step sarà quello di migliorare la rete di distribuzione del segnale, sia armonizzando le frequenze all’interno del nostro gruppo, sia scambiandole con editori terzi o acquistandole sul mercato.
D. Per tanti anni Virgin Radio è stata quasi monopolista sul mondo del rock, seppur nella sua versione allargata. Ora c’è qualche timore per la concorrenza di Radiofreccia, lanciata da Lorenzo Suraci, patron di Rtl 102,5, nell’ottobre del 2016?
R. I dati di ascolto non ci sono ancora. Diciamo che dai nostri indicatori, sia i social sia i vari strumenti di relazione con il pubblico, non abbiamo percezioni o sintomi di disaffezione su Virgin. Poi anche i target sono diversi. Piuttosto, mi preoccupa una cosa
D. Che cosa?
R. Beh, se Mediaset avesse lanciato una radio con le modalità con cui è stata lanciata Radiofreccia, avremmo i carri armati sotto casa. Comunque ci sono le autorità preposte che faranno tutte le verifiche del caso. Ma di sicuro molte cose non sarebbero mai state concesse a Mediaset.
D. Per esempio?
R. Radiofreccia ha una concessione di radio comunitaria, e non si capisce esattamente cosa voglia dire. Ha un tetto dell’8% di affollamento pubblicitario. Vorrei sapere se la raccolta pubblicitaria va a finire in attività di beneficenza o cosa. Poi, col fatto che è radio comunitaria, può andare in giro per l’Italia a cercare frequenze libere, e riempirle senza chiedere permessi. Questo è un bel vantaggio competitivo rispetto agli altri. Anche perché spesso le frequenze vengono lasciate libere proprio per non dare fastidio ad altri segnali. Riempiendole, invece, si va a danneggiare il segnale di emittenti concorrenti.
D. Però è comprensibile che un imprenditore come Suraci, trovandosi di fronte a un colosso nato nel giro di un anno come RadioMediaset, abbia voglia di reagire provando a sua volta a costruire nuove offerte
R. Certo, costruire più network ha un senso, si profila meglio l’ascolto, si fanno sinergie che migliorano il conto economico. Io tutto questo lo capisco. Poi, però, si tratta di discutere sulle modalità. Diciamo che serve più regolamentazione sul punto.
D. RadioMediaset edita 105, Virgin Radio e R101. Ha un accordo commerciale con Rmc, ha dovuto lasciare la raccolta di Radio Italia a fine 2016 per questioni di Antitrust, e lo stesso dovrà fare a fine 2017 con Kiss Kiss. È vero che vi volete comprare Radio Subasio?
R. Non entro nel merito. È vero che la nostra crescita potrebbe passare attraverso acquisizioni di radio territoriali molto forti. Vorremmo avere una offerta più importante sulla musica italiana, integrando una serie di emittenti macroregionali. Non saranno acquisizioni per smontare, svuotare, ribrandizzare. Ma per dare forma ad eccellenze locali, puntando sulla musica italiana.

ItaliaOggi

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