RON: VADO A SANREMO MA QUESTA MUSICA ITALIANA È TUTTA UGUALE

Il cantautore in gara al Festival (per la settima volta) con «L’ottava meraviglia»: «Sul palco porto anche il mio impegno per la ricerca contro la Sla»

ronIl primo ricordo del primo Sanremo? «Sentire Ira Fürstenberg pronunciare il mio nome in tv. Era il 1970, mi presentavo come Rosalino. Per la seconda serata decisero di aggiungere il cognome e lei annunciò Rosamare Cellarino. Uscì Mike Bongiorno per correggerla». Ron si prepara al suo settimo Sanremo, dove porterà «L’ottava meraviglia», ripescando nei ricordi dei Festival passati.
A quel debutto era con Nada e cantavate «Pa’ diglielo a ma’». Tensione? Paura?
«Avevamo entrambi solo 16 anni, ero a scuola fino a 20 giorni prima. C’erano Vanoni, Zanicchi, Caselli, Celentano… Ho visto big piangere dietro le quinte per l’eliminazione. Sentivo pressione però salii sul palco come se fosse uno dei tanti concorsi di voci nuove che avevo fatto. Rivedendo il filmato mi stupisco ancora per la forza che avevo».
A Sanremo ci è andato anche come autore. Nel 1972 scrisse «Piazza Grande» per Lucio Dalla…
«Suonavo anche la chitarra e feci sbagliare l’orchestra mancando l’attacco. Lucio si voltò e, vedendomi disperato, sorrise».
Nel ‘96 la vittoria, assieme a Tosca, con «Vorrei incontrarti fra cent’anni».
«In due si vive meglio, si dividono le tensioni. Non pensavamo alla vittoria e la sera della finale andammo tranquillamente al ristorante. Ci dovemmo preparare al volo quando ci avvisarono del podio».
Ci furono accuse di brogli per far vincere voi al posto di Elio e le Storie Tese. Le rovinarono il gusto?
«No, ma non ho mai capito perché Elio abbia infierito sul tema a distanza di anni».
L’ultimo Sanremo?
«Nel 2014. Non ho ricordi belli. Non ci sarei voluto andare, durante l’esibizione mi sentivo la bocca asciutta, si portavano due brani e venne eliminato quello cui tenevo… L’unico ricordo bello è Annalisa: talmente brava da sembrare in playback. Vorrei fare qualcosa con lei».
Cos’è per lei «L’ottava meraviglia»?
«Siamo tutti stressati, stanchi, bisognosi di tutto. L’ottava meraviglia è capire che un’altra persona può essere la tua salvezza. Ma non vado a Sanremo solo per la canzone. Spero di riportare attenzione sul tema della Sla dopo “La forza di dire sì”, album benefico con 24 duetti. Il 6 marzo farò un concerto a Milano con amici per raccogliere fondi».
Nel testo canta «nei miei occhi l’America, nei tuoi passi l’Oriente». E’ una metafora per il mondo che si divide?
«No, nasce da un’amica che ama quella parte del mondo. E io guardo veramente agli Stati Uniti. Al di là della politica, è un posto dove puoi trovare la tua occasione. La musica laggiù è un lavoro, da noi non sembra. Due anni fa mi sono proposto in una di quelle serate libere in un locale del Village di New York. Senza provino, senza sapere chi fossi, la direttrice mi ha accettato. Mi sono messo alla prova. Ho fatto “Anima” voce e chitarra. Sentivo l’attenzione del pubblico e alla fine sono arrivati pure i complimenti».
E l’Italia?
«Sento tristezza e malinconia. Siamo un Paese che non fa nulla e questo mi preoccupa. Nella musica tutto suona allo stesso modo, non c’è coraggio di uscire dal seminato».
Allora che ascolta?
«Non mi lascio scappare nulla, sono rimasto troppo tempo legato solo alla musica west coast… Mi lascio trasportare da YouTube, anche se il rap non mi fa impazzire».

di Andrea Laffranchi, Il Corriere della Sera

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