‘Mowgli’, il libro della giungla diventa dark: Andy Serkis e le battaglie del cucciolo d’uomo

Il regista e attore britannico firma il film, su Netflix dal 7 dicembre. Una versione ‘dura’ della celebre opera di Kipling, molto distante dalla favola disneyana. Fra i protagonisti (in motion capture) Christian Bale, Benedict Cumberbatch, Cate Blanchett, Naomie Harris. E lo stesso Serkis nel ruolo dell’orso Baloo

Dimenticate le scimmie canterine, l’orso buono Baloo, la giungla come un paradiso assolato, la natura benigna e meravigliosa in cui crescere come una bestiolina non è poi così male. Il regista e attore britannico Andrew Serkis prende Il libro della giungla e ne fa una versione dura, violenta, dark, più fedele ai contenuti dell’opera di Rudyard Kipling. MowgliIl figlio della giungla, su Netflix dal 7 dicembre, è la storia arcinota del ragazzino cresciuto fra i lupi, che appartiene al mondo animale ma non può rinnegare le proprie radici umane e che quindi fatica a trovare un posto nel mondo e deve vedersela con insidie continue che provengono sia dal suo mondo d’origine che a quello che l’ha adottato. Ma non è un film di Natale, non piazzateci davanti i bambini troppo piccoli mentre preparate la cena. Serkis, quando lo ha girato, non pensava esattamente a questo. Lo storico cartoon del 1967, con la sua colonna sonora e quei personaggi adorabili, conquistò il cuore di milioni di spettatori nel mondo. Le critiche ne esaltarono l’aspetto favolistico e spensierato, Time lo definì “delizioso”, Life “solare, non pauroso, la cosa migliore del suo genere dopo Dumbo”. Un Disney doc a tutti gli effetti. L’adattamento live action diretto da Jon Favreau nel 2016 non ne ha tradito il mood pur spingendosi un pochino più in là, basta pensare alla battaglia finale tra fiamme e ruggiti. Qui Serkis non fa sconti e si intuisce fin dall’inizio quando l’incanto di una ranocchietta che salta nel verde viene spezzato dalla follia omicida di Shere Khan, la tigre che fa strage nel villaggio del piccolo Mowgli, adottato poi dalla lupa Nisha. Non è che il primo dei molti momenti drammatici che animano il film (negli Stati Uniti PG13, ovvero vietato ai minori di 13 anni non accompagnati da un adulto), interpretato da un cast di attori eccezionali che hanno prestato le loro forme alla motion capture, tecnica in cui Serkis è maestro e che gli ha permesso di trasformarsi nell’orrido Gollum (Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit), nello scimmione Cesare (Il pianeta delle scimmie), nell’inquietante Snoke (Il risveglio della Forza, Gli ultimi Jedi). Con la stessa tecnica sono stati ricostruiti gli animali di Mowgli, Christian Bale è la pantera Bagheera, Benedict Cumberbatch è Shere Khan, Cate Blanchett il serpente Kaa, Peter Mullan è Akela, il capo del branco dei lupi, Naomie Harris è Nisha, mamma-lupa, infine Baloo è interpretato dallo stesso Serkis. Romanzo di formazione per antonomasia, in cui gli animali sono caricati di contenuti simbolici, anche nel film gli incontri di Mowgli rappresentano di volta in volta uno step che complica il viaggio verso la maturità e la consapevolezza. L’integrazione nel branco dei lupi non è immediata, nonostante le insistenze della lupa Nisha; il lupetto, compagno di giochi di Mowgli, è albino, “diverso” e quindi costantemente bullizzato dai “normali”; ma anche Mowgli non si sente come gli altri: “Bagheera – chiede alla pantera – perché io sono diverso?”. La tigre è il male assoluto, sete di sangue e desiderio di concludere l’opera che il salvataggio del cucciolo d’uomo ha reso incompiuta; le scimmie sono coloro che tradiranno e con ferocia – zanne, grida, sguardi satanici – condurranno il ragazzino in un tempio angusto, oscuro, maledetto come quello di Indiana Jones, dove si consuma l’incontro con Kaa, il serpente mistico che incanta e sulla cui pelle scorrono come un film le immagini della vita cui il giovane sta andando incontro.”La gungla sta cambiando – dice Bagheera – l’uomo se ne prende sempre di più”. Per questo, la legge della giungla è spietata, e la legge del più forte regola le dinamiche dei suoi abitanti. L’annuncio del lupo capobranco, che vuole lasciare perché ormai vecchio e stanco, scatena una competizione sanguinosa degna di Game of Thrones; il litigio fra Baloo e Bagheera si trasforma in un corpo a corpo stile Godzilla contro Kong. Gli uomini non sono da meno. Il cacciatore bianco che cerca il riscatto dai troppi cilecca diventerà emblema della cattiveria umana mostrando a Mowgli il trofeo che non avrebbe mai voluto vedere. “Abbiamo paura di quello che l’uomo potrebbe farci – dice un lupo al ragazzo – abbiamo bisogno di te”.Tutto si compie in un’atmosfera dark, con una fotografia bluastra, senza compiacimenti estetici, anche il disegno degli animali non indulge mai alla grazia. I colori tornano a esplodere solo quando Mowgli torna fra gli uomini, nel villaggio indiano che lo accoglie e dove si celebra l’Holi, il rito delle polveri colorate che in primavera simboleggia la rinascita. Ma neanche il mondo degli uomini lo accogliertà a braccia aperte, perché ci arriverà da prigioniero. E sarà Bagheera a spiegargli che nessun mondo è giusto. “Anche io ho vissuto fra gli uomini – gli dice, mostrandogli le cicatrici lasciate da un collare – vivevo in un palazzo di ricconi, dentro una gabbia come questa, per divertire gli umani. Mordevo e graffiavo e passavo ogni momento della mia vita a lottare. Finché, un giorno, mi sono fermato. E si sono fidati di me. Fa’ che si fidino di te, fratellino”. Impareranno a fidarsi, ma il cucciolo d’uomo, ormai cresciuto, da quale parte sceglierà di stare?

Alessandra Vitali, repubblica.it

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