Micaela Ramazzotti, racconto le donne selvagge

– Voce un po’ rauca, cadenze infantili e uno sguardo semplice senza malizia, Micaela Ramazzotti, tailleur nero e scarpe oro, si è presentata così al Petruzzelli di Bari dove ha tenuto una masterclass al Bif&st che stasera le consegnerà il Federico Fellini Award per l’eccellenza cinematografica. Un modo di essere, il suo, che forse non a caso ricorda quella Monica Vitti che è la sua attrice di riferimento, come ribadisce più volte nella sua lezione.

Impegnata sul set di SETTE DONNE E UN MISTERO, remake del film di Francois Ozon Otto donne e un mistero, a firma di Alessandro Genovesi, dice dei suoi personaggi: “Non sono creature fragili, casomai selvagge, che stanno al mondo in modo diverso.

La diversità è per me magica e preziosa, le mie donne non corrono, è piuttosto la vita che corre intorno a loro”. La vocazione l’ha avuta subito: “Da ragazzina mi chiudevo nell’armadio a doppia anta, con tanto di specchio, e dicevo le battute. Allora mi piaceva Julia Roberts. Quell’armadio era il mio camerino, lì trovavo la pace”. E’ orgogliosa delle sue origini: “Sono loro che mi hanno dato la grinta e anche la voglia di scappare all’Axa (un quartiere di Roma, ndr) dove non c’era neppure il cinema”. Attori e registi di riferimento? “Gena Rowlands, Ken Loach, Bong Joon-ho, regista di PARASITE, Monica Vitti e Alberto Sordi. Quando mi capita di guardare questi ultimi due mi riempiono l’anima e mi passa ogni depressione”. L’inizio nei fotoromanzi (“non ero bravissima a scuola e mia nonna materna li leggeva, e così io a 13 anni mandai una foto e mi presero”) e poi il cinema con il film LA PRIMA VOLTA e ancora ZORA LA VAMPIRA dei Manetti Bros.

Il film più importante? “TUTTA LA VITA DAVANTI che mi ha fatto conoscere il mio grande amore, Paolo Virzì, e con un cast bellissimo. Certo, quando mi lui mi dirige, capitano strani problemi. Per esempio, mi ricordo una scena da girare al tramonto: c’era pochissimo tempo per farla, a un certo punto è passò un aereo e lui mi ritenne responsabile di questo fatto”. Pupi Avati per l’attrice è “un maestro di vita oltre che un grande regista”, mentre un film molto importante per lei è stato GLI ANNI PIÙ BELLI di Gabriele Muccino: “Un film non facile da fare perché racconta lo scorrere degli anni. Quando si dovevano rappresentare i giovani la cosa più difficile era trovare il giusto sguardo, perché solo a quell’età ci sente davvero onnipotenti e questo stato d’animo si vede negli occhi”.

Francesca Gallo, ANSA

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