Ketama126 torna con “Kety Reborn”: “So che la gente dice cattiverie, ma non me ne curo”

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Abbiamo intervistato Ketama126 dopo l’uscita lo scorso 3 luglio della repack “Kety Reborn” del suo ultimo disco. Cinque nuovi singoli che fanno parte della rinascita dell’artista, dalle produzioni con un occhio agli Stati Uniti alla parte testuale, testimonianza della crescita del rapper.

Dopo il quarto album in studio, l’artista si ritrova ancora a dover combattere l’ignoranza verso il genere musicale. Dalle critiche ai suoi testi alla mancanza di ironia nella comprensione delle sue esagerazioni, il cantante racconta anche del rapporto con il padre sassofonista e la differenza con gli altri artisti della Lovegang.
 
“Dalle 500 persone del primo live a Testaccio, abbiamo capito che qualcosa stava cambiando”
 
Ketama126 racconta il percorso che ha portato al successo la LoveGang: “Siamo arrivati ad un pubblico più grande della vecchia generazione anche grazie alla fortuna che abbiamo avuto. Grazie a Carl Brave e Franco126 che hanno fatto una roba estremamente pop, la Lovegang è stata sulla bocca di tutti, anche di chi non conosceva il genere rap”. Da lì in poi il pubblico è riuscito a digerire anche l’immaginario più hardcore del rapper, portandolo ad una visibilità nazionale.
 
“Cerco di raccontare la mia vita nelle canzoni, ma poi è chiaro che sul palco devi sembrare una rockstar”
 
Per l’artista romano non esiste molta distanza tra se stesso e il suo ruolo musicale: “La vita di tutti i giorni è normale che non sia come quella sul palco, ma non penso ci sia tutto questo dualismo tra persona e personaggio. Quando mi metto a scrivere non c’è differenza”. Le incomprensioni nascono proprio da questa differenza che alcuni non riescono a cogliere, fraintendendo i suoi testi: “Sono consapevole che la gente parla e può dire tante cattiverie, ma per come sono io e per il lavoro che faccio, non me ne curo”. Il segreto per comprendere i testi di Ketama126 è l’ironia, soprattutto nella lettura delle sue esagerazioni: “Nel singolo Love bandana dico che a 40 anni squaglio il disco d’oro, ma è una rima ironica già in sé perché il disco non è d’oro. Alcuni miei amici sono venuti a casa e mi hanno detto: “Ma è d’oro davvero?. Se fosse d’oro sicuramente lo squaglierei anche prima dei 40 anni”.
 
“Mio padre ha sempre fatto musica ma non è mai stato il suo lavoro”
 
Adalberto Baldini, padre del rapper, è un sassofonista che ha sempre voluto lavorare nel mondo della musica: “Mi ha sempre supportato, anche nei miei studi musicali a Milano in una scuola di ingegneria del suono. Mi ha pagato tutto lui perché credeva nella cosa, ha fatto dei sacrifici però ha creduto in tutto questo e adesso siamo stati ripagati”. Il padre di Ketama126 nel frattempo ha fatto parte della band che si esibiva dal vivo prima con la coppia Carl Brave e Franco126, per poi seguire il primo artista nella sua carriera da solista.
 
“La noia la combatto, uno deve sempre combattere la noia, anche attraverso il proprio lavoro”
 
La noia è uno dei temi che si ripropongono maggiormente nei suoi testi, un aspetto della vita che l’artista romano cerca sempre di combattere: “Il lavoro è bello quando ne hai uno che ti piace, ma quando te lo tolgono ti annoi ed inizi a combattere. L’importante è combattere sempre, perché come insegna Califano, le cose belle vengono proprio da questo combattimento con la noia”.


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