Venezia, arriva il film su Van Gogh interpretato da Willem Dafoe

‘Volevo solo essere uno di loro” sono le prime parole di Willem Dafoe nei panni di Van Gogh in ‘At Eternity’s Gate’ di Julian Schnabel, un appello alla normalità, quello dell’artista, che ha tormentato tutta la sua vita sempre ai confini con la follia. Schnabel, in questo caso in qualità di pittore prima ancora che di regista, ha portato in concorso alla 75/ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia questa opera-sfida che pone una domanda: si può raccontare davvero un genio assoluto, un mito dell’arte?

”Tutto quello che volevo dire sulla pittura, l’ho detto in questo film e molte cose le ho dette per voce di Van Gogh – spiega il regista oggi al Lido – tenendo conto che ognuno di noi ha la sua personale visione di quest’artista”. Nel film, che parte in tono minore, didascalico, ma poi lentamente cresce seguendo più che gli avvenimenti il flusso di coscienza dell’artista, vengono raccontatigli anni trascorsi nel sud della Francia, ad Arles, da Van Gogh, il suo complicato rapporto con Paul Gauguin, quello straordinario con il fratello Theo, la dipendenza dall’assenzio e, ovviamente, le sue ripetute permanenze in manicomio a cui si adattava di buon grado. E ancora, in tutto il film, la sua dannata esigenza di dipingere sempre, comunque e nonostante tutto (“è il mio modo di non pensare”).

Ma di una cosa il regista, che torna alla regia a otto anni da Miral, è certo: ”Van Gogh, come si legge nelle sue lettere, era lucido, consapevole del suo valore e forse, come si vede in uno dei tanti dialoghi del film, si identificava davvero in Gesù. Ma ci tenevo anche molto a rappresentare la sua paura di impazzire, di essere sempre ai confini della sanità mentale”.

Dello stesso parere un Willem Dafoe che, con la sua interpretazione potrebbe aspirare ad essere nelle rosa degli attori candidabili alla Coppa Volpi:”Van Gogh era lucido, consapevole, e non solo un genio pieno di tormento. Voleva poi farsi prete e questo è certo. Come è vero – aggiunge l’attore – che per lui la Bibbia era il libro più bello in assoluto e che Van Gogh considerava Gesù un pazzo proprio come lui”. Per entrare nel personaggio, aggiunge, ”ho dovuto imparare a dipingere, era davvero necessario. In questo ovviamente mi ha aiutato Schnabel e solo allora ho capito meglio quello che avrei dovuto fare”.

Frase cult del film quella che lo stesso artista dice a un prete (Mads Mikkelsen) in manicomio quando gli chiede se è davvero certo del suo valore artistico:”Anche Gesù è stato riconosciuto davvero a venti, trenta anni dalla sua morte”.

Nel cast del film, in sala il 3 gennaio distribuito da Lucky Red, anche: Oscar Isaac, Rupert Friend, Niels Arestrup, Stella Schnabel e Mathieu Amalric.

Francesco Gallo, ANSA

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