Alex Britti, il suo Mojo è un Blues fluido e contaminato che guarda al futuro

Considerato uno dei bluesman tra i più bravi ed eclettici della scena italiana ed internazionale grazie al suo virtuosismo che rende le sei corde un marchio di fabbrica, l’artista romano pubblica il suo primo lavoro interamente strumentale. L’INTERVISTA

In questo periodo storico dove tutto è fluido e si tende a osare e non etichettare, dove non esistono più confini di genere, Alex Britti mette nell’album acustico Mojo la sua sensibilità ritmica e armonica molto avanzate con lo stile inconfondibile e l’unicità del suono della sua chitarra, prende spunto dal blues, ma attingendo a piene mani da qualsiasi genere sia del passato che presente, ricreando così una sorta di melting pot delle fluidità.

Alex finalmente un album acustico: da quanto ci pensavi?
Da tanti anni. Se ci pensi ho sempre messo qualche brano strumentale tra una canzone e l’altra. Ne sentivo sempre più l’esigenza e poi ho capito di essere più prolifico musicalmente dal punto di vista acustico soprattutto negli ultimi anni. Le canzoni sono nel cassetto. Mojo è anche un fare il punto della situazione: sai ho un figlio di 5 anni e sono 5 anni che non pubblico album. Ora sono maturo per un disco di chitarra. Voglio accontentare tutti e suonare tanti anni nei club è stata una grande esperienza: il pubblico era composto da soli uomini e tutti mi guardavano le dita, quindi era per lo più chitarristi. Ora voglio fare musica per tutti.
Sono brani nati in un arco di tempo lungo oppure frutto di una urgenza creativa recente? I tempi lenti della pandemia sono stati determinanti per realizzare Mojo?
La pandemia non c’entra. Scrivo e produco sempre. Sono nati un po’ prima della pandemia. Ma il cassetto è pieno sia di canzoni che di pezzi strumentali inediti.
Se una adolescente ti chiedesse cosa è il Blues e chi è un bluesman cosa gli diresti?
In primis di non parlare al presente perché come filosofia esiste ancora ma come genere musicale probabilmente no. Il puro blues guarda al passato. I puristi fanno cose già suonate e arrangiamenti già arrangianti. E’ esistito fino agli anni Settanta. Muddy Waters o BB King non guardava indietro ma al futuro. Miles Davis e John Coltrane sono i precursori di quel Jazz che oggi è il salotto buono che guarda al passato. Oggi il Blues è sperimentazione. La cosa più simile è il rap americano che ha nuove sonorità.
Perché Mojo? E’ un richiamo al concetto di preghiera che viene dall’Africa? Oppure per la magia che gli hanno dato tra gli altri Muddy Waters e Johnny Winter?
La seconda. Mojo ti catapulta in un mondo ben preciso: blues ma anche di sperimentazione. E’ il Sud degli Stati Uniti. Quel Sud è ancora adesso un melting pot di culture, vengono da lì quelli che poi sono divenati americani. C’erano francesi, ispanici, africani…culture che hanno creato chachun e tex mex. Non era cercata era sperimentazione spontanea come credo sia la mia.
Nel primo brano, S_Funk, c’è una voce distorta in sottofondo: è la sottomissione della voce alla chitarra?
Per me ci sono tanti rumori, compresa una voce di donna vagamente sexy. E’ la partenza di un disco che abbraccia tante sonorità. Per me è la voce della stazione e dell’aereoporto, è il momento della partenza.
Posso dire che Insomnia è il brano temporalmente più crossover dell’album, nel senso che è una viaggio nel tempo dal passato al presente?
E’ la tipica citazione di un blues traditional rivisitato con sonorità ironiche. La mia ironia diventa dissonanza. Mi piace sorridere e pensare a quando non riesci a dormire e tutti i pensieri che di giorno sono ordinari di notte diventano negativi e distorti.
Dolce Sveva sembra abbia l’incedere di un allegretto in alcuni passaggi. Visto il titolo ha una dedica?
Parte da una mia ricerca armonica, un gioco tra blues e musica classica. Hai ragione, l’Operetta c’è. Punto a sonorità classiche che per me è Giuseppe Verdi ma anche Ennio Morricone. L’atmosfera è dolce e soave. Cercavo un titolo e lo ascoltavo in auto con mio figlio: lui me la chiedeva sempre ma non avendo un titolo per farmi capire che voleva acoltarla me la canticchiava. Ho chiesto come la avrebbe chiamata e lui mi ha detto dolce Sveva che è la sua fidanzatina di scuola. Lo sanno anche le maestre di loro.
Il Treno per Roma mi trasmette il senso della sfida del treno per Yuma: sembra un viaggio dalla tua adolescenza a oggi, l’uscire da una città con sonorità internazionali e farla davvero caput mudi.
Assolutamente. Con una sensazione di benessere e appagamento. Il titolo rappresenta il treno per casa. Quando sei in giro ogni giorno prendi un treno e vai a conquistare la città dove suonerai, in senso buono ovviamente, vai a divertirti. Ma quando torni ha casa la sensazione è di gioia e sano riposo dopo una vittoria. E’ un brano cromatico.
Amsterdam, Roma e la Toscana: tre luoghi speciali per te?
Sì. Tre luoghi importanti. Amsterdam ci ho vissuto da ragazzo, ho amici e figli di amici ormai diventati grandi. Roma è la mia città. La Toscana ha tutto, è il vero centro dell’Italia. Geograficamente lo è Roma ma culturalmente il romano è un po’ più Sud, l’Italia cambia sotto Firenze. La Toscana ha tutto.
Il fiume Po porta con sé una tradizione blues importante: oggi resta un punto di riferimento a tuo avviso oppure è storia?
Ci sono tanti posti per il Blues, anche Roma è messa bene. Milano è più Rock e psichedelica. A Roma abbiamo avuto un talento come Roberto Ciotti.
Su un brano come Respiro non ti è venuta voglia di metterci una voce, anche solo fatta di sonorizzazioni senza parole?
No. Era già pieno di chitarre.
A proposito di West & Co: nel film di Leone saresti stato il Buono, il Brutto o i Cattivo?
Non lo so…un po’ di tutti e tre. Come quando suono la chitarra blues. Il blues è un suono volutamente brutto.
Una curiosità: quante chitarre hai e quante ne hai usate in Mojo?
Ne ho circa 60. Ora mi sono calmato, sono anche arrivato anche a cento. Alcune le ho vendute, altre regalate: non le colleziono, quelle che ho le uso praticamente tutte. In Mojo ne ho usata solo una: quanto lo riascolterò tra qualche hanno voglio ricordarlo anche come l’album di una chitarra precisa.
Che accadrà in estate? Hai in progetto qualcosa come songwriter?
Sono in giro per i Festival con Mojo ma faccio anche qualcosa di pop. Ho due band con due repertori. Per ora niente di cantautorale è in previsione. Lascio sedimentare idee e istinti, ho preso appunti fino a poco tempo fa ora penso al tour. Del resto ne riparliamo in autunno.


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