Ritratti. Silvana Mangano

di E. P. 

Sicuramente una delle attrici più misteriose, affascinanti e ambigue del cinema italiano, Silvana Mangano (Roma, 21 aprile 1930 – Madrid,16 dicembre 1989) nasce da padre pugliese e madre londinese: da lei eredita un grande sogno ovvero quello di diventare una ballerina. Attira gli sguardi sin dai suoi primi passi nell’accademia di danza di Jia Ruskaja e, dopo qualche comparsa in Francia, torna in Italia mantenendosi come indossatrice presso l’atelier Mascetti. 
Viene eletta nel 1946 Miss Roma e partecipa l’anno successivo all’edizione di Miss Italia in cui vinse Lucia Bosè (e che ha valorizzato talenti come Gina Lollobrigida ed Eleonora Rossi Drago). Giovanissima si affaccia così al mondo della recitazione, incontrando sul set il suo primo amore: Marcello Mastroianni appena 22enne. La loro storia è sempre stata avvolta da mistero: secondo alcune voci lui era fin troppo geloso – arrivò a rompersi il pollice destro tentando di attaccare un ammiratore della Mangano – e la storia è arrivata a un epilogo senza un vero motivo.
Ad appena 18 anni diventa una delle icone italiane con la sua performance osannata in Riso Amaro: in realtà la ragazza fu scartata al provino, ma il direttore del casting, Giuseppe De Santis, le offrì il ruolo di protagonista dopo averla rivista passeggiare in Via Veneto in abiti modesti e dimessi. Sul set incontrò anche il suo futuro marito, Dino de Laurentiis, ma si mostrò sempre distaccata e per niente convinta del ruolo di sex symbol che le fu attribuito dopo l’uscita del film. La sua carriera l’ha portata a recitare per Orson Welles, ma a rifiutare la parte della protagonista femminile ne “La Dolce Vita” di Fellini, forse perché non voleva cedere a un mondo pronto a renderla il sogno proibito di tutti.     
Dopo la (sesta) proposta di matrimonio sposa de Laurentiis e sembra voler abbandonare la recitazione: continua a lavorare, convinta dalle insistenze di marito e famiglia, ma allontana il successo e la fama che altre star come Sophia Loren e Gina Lollobrigida conquistano rapidamente in quel periodo. Tra gli anni ’50 e ’70 è la musa di moltissimi registi e intellettuali: da Vittorio de Sica a Visconti, fino ad arrivare al sodalizio burrascoso con Pier Paolo Pasolini, con cui lavora più volte.
Pasolini la definiva una “bellezza amara” e in una lettera pubblicata su Il tempo Illustrato le confessa tutto il proprio struggente rammarico per lo scandalo che Teorema (1968) aveva attirato. Se nell’Edipo Re dello stesso regista aveva interpretato una splendida quanto indimenticabile Giocasta, in Teorema la sua immagine femminile era diventata quasi astratta.
Dopo il primo successo, che l’aveva travolta come una valanga e consacrata a un ruolo che non le apparteneva, Silvana Mangano ha cercato in tutti modi di cambiare il corpo che tanto odiava: aveva un rapporto conflittuale con la propria femminilità che considerava ingovernabile ed esplicita nonostante l’innata eleganza di cui era portatrice. Per sfuggire a ciò si rinchiudeva nel proprio privato, nel ruolo della madre di 4 figli, e rifuggiva il cibo buttandosi invece sul fumo (scelta che ha velocizzato la sua scomparsa prematura).
Il terremoto nella sua vita arriva nel 1981, dove la sconvolge la terribile notizia dell’incidente aereo dell’unico, amatissimo figlio maschio Federico: la Mangano cade in una vera e propria malinconia, sembra vittima di un’alienazione in cui neanche le figlie riescono a scuoterla e che la porteranno a scelte importanti. Prende la decisione di separarsi da suo marito, De Laurentiis, e si trasferisce in Spagna: qui scopre di essere affetta da un tumore allo stomaco.
Pochissime negli anni 80 le sue comparse nel mondo del cinema: come favore alla figlia Raffaella, produttrice cinematografica, partecipa al film Dune di David Lynch nel 1984, mentre nel 1987 appare in Oci Ciornie di Michalkov. Muore prematuramente a 59 anni lasciando un’impronta indelebile nella storia del cinema italiano, e non solo. 

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