Siani, il re dei pacchi: «Con una favola racconto la crisi che stiamo vivendo»

«Stiamo diventando sempre più solitari. Già prima del lockdown stavamo costruendo una società in cui bisognava stare a casa: per comprare vestiti, per guardare film e serie tv, per ordinare cibo. Era tutto preparato per non farci uscire. Diciamo che avevamo una sorta di allenamento, quando poi abbiamo dovuto affrontare la partita seriamente ci siamo resi conto di quanto stavamo stretti tra quattro mura». Alessandro Siani in Chi ha incastrato Babbo Natale? per una volta affianca la realtà alla favola e alla magia che sono la cifra del suo modo di intendere il cinema.

«Ho immaginato un Babbo Natale immerso nel mondo delle consegne a domicilio: come avrebbe affrontato questo momento, come avrebbe reagito? Nei miei film generalmente mi sono allontanato dal raccontare la società, le fiabe mi fanno stare meglio perché mi fa piacere staccarmi dalla realtà e credo che anche il pubblico abbia bisogno di distrazione. Questa volta invece mi sono ritrovato a raccontare una fetta di vita del nostro Paese». Lo spunto però è sempre comico. La Wonderfast, azienda di consegne online più potente del mondo che assomiglia molto da vicino ad Amazon con un altro nome, domina il mercato per tutto l’anno tranne a Natale. Così per far fallire Babbo Natale la multinazionale del pacco assolda il capo dei suoi elfi, convincendolo ad infiltrare nella sua fabbrica un nuovo manager: il «re dei pacchi» Genny Catalano (interpretato da Siani, al suo quinto film anche da regista).

«Volevo mettere in scena la storia di Babbo Natale ai tempi moderni, cavalcando sempre la magia del Natale, ma raccontando anche il periodo che stiamo vivendo: persone sempre più chiuse che non si aprono, bambini che non vogliono più i regali da Babbo Natale ma li chiedono alle grandi società. Racconto un mondo dove non c’è più l’entusiasmo e la voglia di aspettare Babbo Natale, perché adesso con due clic arriva tutto e subito». La riflessione da comica diventa seria: «Il mondo presto sarà diviso in Ac e Dc, ante Covid e dopo Covid. Il lockdown ci ha fatto capire la deriva che stavamo prendendo. Stavamo diventando sempre più solitari, ma la costrizione ci ha acceso una lampadina: veramente possiamo stare sempre rintanati in casa? Prima c’era la tendenza a chiudersi, sempre di più, e invece ora c’è una voglia matta di stare in giro, ci manca l’aria della libertà. Tu mi dici di fare una cosa e io voglio fare inversamente…». Quasi che il problema sia solo di libertà: un conto è scegliere autonomamente di isolarsi dal mondo e salire sulla colonna dello stilita, un altro essere costretti a farlo. È ottimista sul genere umano? «In genere sì, ma più andiamo avanti e più ho delle riserve».

Nel film Siani è il re dei pacchi, inteso non come il re delle confezioni e dei regali, ma come un truffatore e un mezzo criminale. «Il gioco comico è far vedere cosa succede quando un uomo del popolo con tutte le difficoltà che la vita gli sbatte in faccia si trova di fronte al dio dei regali. A un certo punto Babbo Natale diventerà uno di noi, scoprirà che il mondo è fatto non solo di bontà ma anche di cattiveria». Qual è il sentimento che prevale intorno a noi? «Diciamo che la cattiveria sta avendo un grande successo, è il suo momento». Il ruolo del Babbo Natale trasformista è affidato a Christian De Sica che a un certo punto si presenta con giubbotto di pelle e occhiali da sole, sceso da una moto piuttosto che da un caminetto. Nel cast anche Diletta Leotta: «Che voto le do come attrice? — ride —. Aspetto di vedere la fine di tutto il montaggio: vediamo se la taglio o meno. Scherzo, sarà una sorpresa».

Chi ha incastrato Babbo Natale?, prodotto da Vision, Bartleby e Indiana, uscirà a Natale 2021. Il cinema ormai è sempre più film sulle piattaforme: «Da un lato dobbiamo ringraziare che ci sia questa possibilità». Cioè dovete ringraziare chi vi uccide. «È la sindrome di Stendhal…, da un lato dobbiamo ringraziare, dall’altro ormai il pubblico si chiede: ma quante puntate sono? Perché le piattaforme di streaming con i loro cataloghi di serie tv sono entrate nell’abitudine quotidiana delle persone. Però il cinema fisico, le sale, per me rimarranno sempre la casa naturale di un film; in tutte le altre soluzioni il film invece è ospite. Credo che si possano trovare delle formule: qui più che di pacchi possiamo parlare di pacchetti, come uscire tre settimane in sala e poi sulle piattaforme. Insomma ci sono diverse opportunità. Ma al di là di tutto non credo si possa togliere allo spettatore il piacere di vedere un film in sala: anche in un periodo di grande cattiveria questa mi sembra esagerata».

Renato Franco, Corriere.it

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