Mediaset e il progetto del polo europeo delle tv

Lo sguardo è da rivolgere verso la Spagna. Per capire se (ma forse sarebbe meglio dire quando) il progetto “paneuropeo” di Mediaset diventerà realtà occorrerà guardare oltreconfine, verso quella Spagna che ospita la controllata del gruppo di Cologno. Analisti e osservatori ne sono convinti: solo con l’unione delle due realtà – quella italiana e la Mediaset España di cui il gruppo di Cologno detiene il 51,63% e che capitalizza poco sotto gli 1,9 miliardi – ci sarà veramente il via al progetto internazionale di cui da tempo si parla per il Biscione che di miliardi in borsa ne capitalizza 3,3. Solo qualora tutto questo avvenisse sarebbe chiaro l’avvio di un Piano che, necessariamente, sarà in due mosse: prima consolidare la Spagna, dove Mediaset è primo editore tv con otto emittenti gestite tra cui Telecinco e Quatro, e poi rivolgersi altrove. Germania (soprattutto), ma anche Francia gli obiettivi.  Sarà dunque questo uno degli sviluppi cui guardare per capire il 2019 di una Mediaset per la quale da tempo gli stessi vertici hanno indicato la necessità di uno sviluppo oltreconfine. Il presidente del gruppo, Fedele Confalonieri, di questo ha parlato proprio in apertura dell’ultima assemblea per l’approvazione del bilancio 2017 e rinnovo del Cda: «Dobbiamo guardare con interesse a una prospettiva di crescita internazionale nel nostro alveo naturale che è l’Europa». Concetto ribadito in quella stessa occasione – ma anche in altre – dal vicepresidente e ad Pier Silvio Berlusconi che vede il gruppo però solo nel ruolo di «locomotiva trainante». Si parla di Tf1 e Prosiebensat, con la pista tedesca che sembra la più calda. I proventi dell’operazione EiTowers, con una plusvalenza superiore ai 510 milioni, portano senz’altro acqua al mulino per un progetto che ha avuto quantomeno un prodromo nell’alleanza “Ebx” sugli spot (Mediaset, Prosiebensat, Tf1 e Channel 4). Del resto “Go big or go home” è un assunto ormai lapalissiano fra i player del mercato televisivo e dei contenuti negli Usa. I grandi merger dell’ultimo anno come l’avanzata dell’on demand, con i suoi alfieri Netflix e Amazon, su tutti fa pensare che di tempo da perdere non ce ne sia granchè. La valutazione stessa del mercato sul settore ne è una cartina di tornasole.  Mediaset sconta anche una croce tutta sua: la rottura dell’accordo con Vivendi e la successiva scalata in Borsa che ha portato il 30% dell’azienda in mani francesi e fatto praticamente sparire il flottante. Certo, i Berlusconi hanno già preso tutte le decisioni tecniche utili a rafforzare il controllo della società (Fininvest ha recentemente portato al 42,8% dei diritti di voto in assemblea) e in più la presenza di Vivendi è congelata a causa della partecipazione in Telecom. Il tema è però sensibile e resta sul tavolo anche per un 2019 in cui, su un altro fronte, sarà da guardare con attenzione alla vicenda Premium. Manca un solo passaggio per considerare definitivamente la piattaforma nelle mani di Sky: il via libera dell’Antitrust sarà dirimente visto che solo se incondizionato dovrà essere accettato da Sky. Altrimenti nessun obbligo e la piattaforma rischia di tornare a Mediaset con la spada di Damocle di una chiusura. Va detto che nel primo semestre 2018 Mediaset ha pagato il conto più salato della sua storia poiché Premium ha continuato a sostenere i costi dei diritti di Serie A e Champions League, ma smettendo di guadagnare abbonati, anche visto l’esito delle aste per i diritti del 2018-21. La situazione si è però ribaltata già nel terzo trimestre (saldo positivo per 23 milioni) visto che dal 30 giugno Mediaset ha chiuso il rubinetto dei costi del calcio in pay mantenendo invece aperto quello dei ricavi da abbonamenti che sono scesi molto meno di quanto si immaginasse. Probabilmente la prossima assemblea sarà del ritorno al dividendo, a conclusione di un anno in cui nel business radio è entrata anche Radio Monte Carlo aggiungendosi a R101, Radio 105, Virgin Radio, Radio Subasio e che sul versante tv ha registrato il successo dei Mondiali di calcio. Un anno che però ha visto anche una partenza forse troppo lenta per l’autunno con ascolti in calo nell’ultima parte dell’anno che hanno un po’ affievolito i buoni dati complessivi di audience 2018 (che in realtà erano molto più positivi a settembre, all’inizio della stagione). Molte aspettative a Cologno ci sono sul palinsesto dei prossimi sei mesi, a partire dal cartoon di Adriano Celentano. Il tutto con un occhio, attento, oltreconfine.

Andrea Biondi, Il Sole 24 Ore

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