Ma quando tornano Aldo, Giovanni e Giacomo? Parla Giovanni Storti

Una carriera dedicata alla comicità con Aldo e Giacomo, con i quali 27 anni fa ridefinì i connotati della commedia italiana. Ora, nel corso di due anni sabbatici del trio, Giovanni Storti, 61 anni, prende confidenza con ruoli più seri nel cortometraggio Magic Alps, unico film italiano in concorso a Clermont-Ferrand Festival: «L’idea mi è piaciuta subito: un funzionario che deve decidere se ammettere in Italia un afgano e la sua capretta. Si distanzia molto dai ruoli che interpreto di solito. Anche se, ammetto, ho avuto qualche problemino».

In che senso? Perché quel sorriso?
«I registi volevano provare molto, mentre io un po’ meno. Sono abituato a improvvisare, ma il vero problema è stato un altro: il film è in inglese e io in inglese sono veramente ignorante».

Sentiva il bisogno di misurarsi con un ruolo serio?
«Ero molto incuriosito. Anche se sapevo che non si poteva fare, ogni tanto inventavo qualcosa di buffo tanto per far divertire un po’ tutti, nonostante poi quei ciak non potessero essere utilizzati. È un’esperienza che ripeterei, magari in un lungometraggio».

Che progetti ha ora Giovanni Storti?
«A breve uscirà un nuovo libro di racconti scritto con Franz Rossi sulla nostra “vita di corsa” dal titolo Niente panico, continuiamo a correre. Con Aldo e Giacomo torneremo con un film che abbiamo iniziato a scrivere a giugno».

Fine della pausa, quindi?
«Sì, aspettiamo che Aldo finisca di girare il suo film e dopodiché nel 2019 ci dedicheremo al nostro. Ci affiancherà anche Massimo Venier, nostro storico regista, col quale ci siamo ritrovati con la stessa affinità di un tempo».

Ci sveli qualcosa dell’esordio cinematografico «in solitaria» di Aldo.
«Tratterà un argomento importante come la migrazione in modo leggero. Sono fiducioso, lui è un grande talento».

E Giacomo?
«Ha scritto uno spettacolo teatrale col quale andrà in scena in autunno: è un monologo sull’anima trattata in maniera seriocomica».

Riprendete dopo Fuga da Reuma Park. Non esattamente un successo…
«Inizialmente non era stato pensato come un film. Volevamo fare una sorta di raccolta delle cose che ci erano piaciute di più della nostra carriera, girate in modo quasi clownesco, da cartone animato, che ci ha sempre affascinato. Non doveva essere una pellicola di Natale, bensì una celebrazione del nostro 25° anniversario. C’è stato un equivoco, un errore di comunicazione: è come se tu vai a vendere una macchina che ha tre ruote e non lo dici al compratore. Uno ti dice: “Ma scusa, che macchina è?”. Manco la Subaru Baracca aveva solo tre ruote!».

Vedremo ancora Marina Massironi col trio?
«Ci siamo risentiti per lo spettacolo del 25° anniversario ma lei aveva una tournée. Credo comunque che con lei non ci sarà un’altra collaborazione in futuro: abbiamo preso due strade diverse da tempo ormai».

Ecco, perché?
«Noi abbiamo cercato altri ruoli e lei pure. Evidentemente quello che le offrivamo non le andava bene in quel momento. Questo è il motivo per cui ci siamo professionalmente persi».

Dal lavoro alle passioni: molti l’hanno vista girare in bici quest’estate.
«Mi piace molto usarla per vedere posti nuovi, piuttosto che usare la macchina. Hai un punto di vista differente e la gente ti accoglie in maniera diversa perché non sei chiuso in una scatola di metallo, sei lì con loro. Poi, io giro in bici anche a Milano. È molto rilassante… Beh, oddio, rilassante mica tanto (ride, ndr)».

Filippo M. Capra, Libero Quotidiano.it

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