“The Dirt” e “Lords of Chaos”: le due facce del metal (al cinema)

Due film che presentano una fotografia di mondi musicali e culturali molto diversi. Da una parte, un ritratto del mondo del rock n’ roll più sfrenato. Dall’altra invece, una fotografia di una visione estremista della realtà

Una band dedita agli eccessi del rock and roll e un gruppo di adolescenti amanti delle sonorità estreme. Qualche giorno fa su Netflix è uscito “The Dirt”: il biopic di Jeff Tremaine, tratto dall’omonima autobiografia della band hair metal californiana. Mentre lo scorso febbraio è uscito “Lords of Chaos”, di Jonas Åkerlund, che mette in scena le vicende e i crimini di alcuni membri della scena metal norvegese.I due film presentano una fotografia di due mondi musicali e culturali molto diversi. Da una parte, un ritratto del rock n’ roll più sfrenato. Dall’altra invece, una visione estremista della realtà che nasce dall’apatia adolescenziale ma che si tinge di violenza e alcuni casi di morte.

Gli eccessi del rock
“The Dirt” è l’autobiografia dei Motley Crue, scritta dagli stessi membri della band insieme al giornalista Neill Strauss. La storia di Nikki Six, Vince Neil, Tommy Lee e Mick Mars si intreccia con la musica: suoni hard rock, sesso, abuso di droghe e comportamenti estremi. Attivi dal 1981 al 2015, la band ha cavalcato gli anni ‘80 con concerti pirotecnici e trucco sul viso. Con un occhio strizzato al pop e uno all’hard rock più classico, erano odiati dai fan del metal più oltranzista, ma amati da buona parte del pubblico americano: perlopiù bianco e proveniente dalla media borghesia a stelle e strisce. Un po’ come i membri della band: cresciuti in famiglie disfunzionali (Nikki Six), adolescenti folgorati sulla via dell’Hard Rock (Tommy Lee) e amanti dell’alcool e degli eccessi (Vince Neil). Negli anni ‘80, l’apice del successo con cinque dischi tra i pù venduti dell’epoca: “Too fast for love”, “Shout at the devil”, “Theatre of pain”, “Girls, Girls, Girls” e “Doctor Feelgood”. In mezzo, la dipendenza da alcol e droga e avvenimenti tragici come la morte del batterista degli Hanoi Rocks, deceduto in un incidente d’auto. Alla guida, c’era proprio Vince Neil.

La violenza del nord
“The Lords of Chaos” è tratto dal libro omonimo scritto dal musicista e giornalista Michael Moynihan. Una storia basata su omicidi, aggressioni e chiese in fiamme. Al centro di tutto, la prima formazione dei Mayhem, che ruotava intorno al chitarrista Øystein Aarseth aka Euronymus: una delle figure chiave della prima ondata del black metal. Un genere musicale che porta alle estreme conseguenze la violenza del death metal e la velocità dell’hardcore. Sul palco, i musicisti sfoggiano il corpse paint e i temi trattati passano dall’occultismo all’esaltazione della natura, fino alla depressione e all’esistenzialismo. Allo stesso tempo, Euronymus sarebbe il fondatore del gruppo “black metal inner circle”: una setta anticristiana, protagonista di attentati contro le chiese, intimidazioni contro altre band e e in alcuni casi di omicidi. Ad esempio, nel 1992, uno dei suoi membri, Bard Faust, uccide a coltellate l’omosessuale Magne Andreassen.

Le vicende del film ruotano intorno ai suoi protagonisti: lo stesso Euronymus, il cantante Dead e Varg Vikernes. Ma andiamo per ordine: Dead, pseudonimo di Per “Pelle” Yngve Ohlin è il nuovo cantante dei Mayhem, con lui le performance diventano più estreme. Infatti i live finivano con tagli sulle braccia e lanci di teste di maiale. Nel 1991, Dead si suicida con un colpo di fucile alla testa. Il corpo viene trovato da Euronymus che prima di chiamare la polizia, compra un macchina fotografica e scatta delle foto del cantante. Scatti che diventano la copertina del bootleg “Dawn of the Black Hearts”. Nello stesso anno, Varg Vikernes, un musicista di Bergen, entra in contatto con Euronymus. Nel 1992, i due, insieme ad altri membri dell’Inner Circle, si rendono responsabili della profanazione di diversi cimiteri e dell’incendio di alcune chiese in Norvegia. Nel 1993, Varg Vikernes uccide Euronymus che lo aveva più volte minacciato di morte. Per questo viene condannato a 21 anni di prigione (insieme all’incendio della chiesa di Fanstoft).

Marco Tonelli, lastampa.it

 

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