Giorgio Panariello: “Non è una televisione a misura di comici”

«Il teatro, il punto di incontro con il pubblico, è il mio ambiente naturale, è come l’acqua per il pesce». Giorgio Panariello esce dal suo habitat istintivo e pubblica il suo terzo libro, Adesso tu (Mondadori). «È una raccolta di racconti tenuti insieme da uno spunto, dall’idea su come ci si possa innamorare al primo sguardo. Non parlo solo di un uomo o una donna, ma anche di cose materiali, una macchina, una casa… È il primo sguardo quello che lascia il segno. Quello che in un istante ti permette di comunicare un milione di parole, che mette in moto tutto ciò che hai dentro. Il primo sguardo rimarrà tutta la vita, magari ci saranno altri amori, ma quello sopravviverà per sempre».

I suoi primi sguardi?
«Il primo amore a scuola, anche se non mi feci avanti quell’incrocio di occhi non l’ho dimenticato. Il primo sguardo caduto su un cane in mezzo a una cucciolata, e lui è stato quello che ho portato con me. La prima casa che ho comprato, ho capito subito che era il posto dove avrei voluto vivere. Il primo spettacolo di Gigi Proietti, che mi ha fatto capire che era quello che volevo fare nella vita».

È stato fortunato?
«Sì, sono riuscito a fare quello che sognavo da sempre, da quando mi chiudevo in bagno e mi intervistavo da solo usando la spazzola di mia nonna come microfono, oppure quando mi divertivo a scuola durante le lezioni a scarabocchiare la mia firma: ha avuto tante evoluzioni, la cambiavo ogni volta, evidentemente avevo voglia di fare autografi… Ora chiedono solo foto, tanta fatica sprecata».

Dice di essere timido…
«È vero, ma ero sempre quello che voleva attirare l’attenzione al bar con gli amici, era la mia chiave per aprire tante porte».

Domanda tra Marzullo e Capossela: che cos’è l’amore per lei?
«L’amore è il motore che ha spinto la mia vita, proprio perché da bambino non ne ho ricevuto molto, l’amore che avrei voluto mi è mancato».

Suo padre se ne è andato, sua madre l’ha lasciata ai nonni…
«Lo vivevo come un amore surrogato, per me era un palliativo, ma crescendo ho capito l’importanza di questo amore che mi è stato dato».

E la tv che cos’è?
«È un momento difficile soprattutto per un comico. Un tempo potevi lavorare su battute di politica e di attualità che scrivevi lunedì e portavi sabato in tv. Oggi se immagini una cosa il lunedì, la sera è già bruciata: ci sono comici ovunque sui social, ci sono siti dove uno può fare una battuta migliore della tua. E poi mancano i soldi, per il varietà ci vuole tanto: un corpo di ballo, la musica, le scene, gli ospiti, scintillio e splendore. Per la tv dovrei trovare un nuovo modo che possa sorprendere il pubblico ma anche me: io stesso mi sono stancato di reiterare la stessa cosa. Ma penso valga per tutti. Baglioni, Ligabue o Vasco hanno il loro stile musicale e il pubblico vuole certe cose da loro, mentre quando hanno sperimentato qualcosa di diverso la gente non ha risposto come si aspettavano. So che il pubblico da me vuole questo, ma vorrei anche fare qualcosa al passo con i tempi per coinvolgere i giovani».

Ha girato una fiction, «Pezzi unici» di Cinzia Th Torrini accanto a Sergio Castellitto, che andrà in onda su Rai1 nella prossima stagione tv. Ha scritto il soggetto di un fantasy corale per il cinema. Pensa di fare l’attore a tempo pieno?
«Il cinema non è mai stato primario nella mia carriera, ma mi sono reso conto che ti permette una cosa unica: superare te stesso, sceglierti dei personaggi più alti di te e sfidarti per poterli raggiungere. Lì posso interpretare ruoli che la tv in questo momento non mi consente di avere. È il modo di far vedere un’altra parte di me».

Cosa le dà fastidio?
«Quando qualcuno vuole mettere bocca negli affari miei, nella mia vita privata o artistica. Ascolto chi mi conosce e mi sta vicino, ma non sopporto chi dà giudizi senza conoscermi, per il gusto di dire la sua».

Quest’estate tornerete in tour con Pieraccioni e Conti con la versione «summer» del vostro show. Loro hanno avuto figli, lei non ci pensa?
«Anche se ho quasi 60 anni ci penso, vedremo… Siamo rimasti gli stessi, quei tre là che ridono raccontandosi lo stesso episodio per 8 volte. Leonardo vive l’amore per la figlia da pari, anzi la figlia è più matura di lui. Carlo invece vive la paternità come una guida, l’unico difetto è questa passione per la pesca che vuole trasmettere al figlio: vedo questo bambino infelice, una scena da Il vecchio e il mare. Anziché l’ipad gli piazza una canna in mano, in riva al fiume, e lo molla lì, quanta solitudine e tristezza…».

Renato Franco, Corriere della Sera

Torna in alto