È finita l’era degli avvincenti faccia a faccia dei politici in tv: la nuova legge elettorale, di fatto, non li consente

Il Rosatellum allontana i confronti tra candidati premier. Mentana: è finita un’era. Annunziata: cambiamo formule

Un’immagine delle vecchie tribune politiche in tv

Scordatevi i faccia a faccia tra Romano Prodi e Silvio Berlusconi, non aspettatevi più il confronto tra i candidati premier che decide le elezioni per una frase azzeccata o per un taglio di capelli sbagliato. Già, in Italia, la sfida tv all’americana aveva attecchito con difficoltà, ma adesso pare proprio definitivamente archiviata, con la nuova legge elettorale proporzionale e un sistema politico diviso in quattro. La seconda repubblica è ormai alle spalle anche dal punto di vista della comunicazione e per i conduttori di talk show e programmi di approfondimento politico non sarà semplice trovare una formula efficace per raccontare una campagna elettorale che si annuncia molto diversa da quelle che abbiamo visto negli ultimi venti anni, quando la sfida era sostanzialmente a due e si sceglieva davvero chi doveva governare.

Enrico Mentana non ha dubbi, quel capitolo è chiuso. Fu lui a ospitare il primo confronto «all’americana» nel 1994 tra Silvio Berlusconi e Achille Occhetto. Poi ci furono le sfide tra Berlusconi e Prodi nel 1996, da Lucia Annunziata sulla Rai, e di nuovo tra Berlusconi e Prodi nel 2006, per due volte da Bruno Vespa e Clemente Mimun, ancora sulla Rai, tra mille regole e paletti pretesi dai due contendenti. Appunto, una parentesi ormai chiusa, per Mentana, e non da ora: «Quella stagione è finta, ed è finita male con quei confronti burocratici tra Prodi e Berlusconi nel 2006. Neanche nel 2008 e nel 2013 ci furono i faccia a faccia tra i candidati premier».

In effetti nel 2008 non ci fu confronto vero e proprio perché Berlusconi, in vantaggio nei sondaggi, non volle concedere a Walter Veltroni una chance di recuperare. Mentana tuttavia intervistò i due sfidanti separatamente, e poi li mandò in onda uno dopo l’altro, come accadde anche nel 2001, in quel caso sulla Rai, quando lo sfidante del leader di Fi era Francesco Rutelli. Nel 2013 a complicare tutto fu l’irruzione sulla scena di M5S, che sparigliò lo schema bipolare.

Stavolta cambia tutto, innanzitutto perché i giochi per il governo, probabilmente, si faranno dopo il voto. Il dato di fondo, sottolinea Vespa, è che «in un sistema proporzionale il candidato premier di fatto non c’è. L’unico candidato premier ufficiale, Di Maio, ha detto che incontra solo gli altri candidati premier. Poi c’è Grasso che non vuole fare confronti… Di sicuro è una complicazione e non è facile fare una cosa equilibrata. Si farà il massimo possibile all’interno delle regole».

Qualcuno, come Lucia Annunziata, sembra persino vedere un’opportunità con la nuova situazione. «La gestione della campagna, contrariamente a quel che si pensa, sarà semplificata. Solo il finale sarà più complicato», non avendo la sfida a due. Ma nei due mesi di campagna «avendo tanti partiti e tanti capi non mancherà mai un leader in trasmissione, tutti sono interessati a venire». Non solo, ma la competizione col proporzionale si accende anche all’interno delle coalizioni, «con un voto in più alla Lega o a Fi si decide chi indica il premier e questo significa che ognuno di fatto corre per sé, col maggioritario Salvini non si smarcherebbe mai da Berlusconi, così invece… Noi vogliamo puntare su dossier tematici: le tasse, le banche, i migranti. Il vero problema è il finale: abbiamo avuto in affidamento dalla Rai una serata finale, il giovedì prima della domenica del voto. La formula la stiamo studiando».

Insomma, più pepe per i dibattiti, ma anche il rischio di maggiore confusione per i telespettatori e, dunque, un compito ancora più difficile per i giornalisti che intervistano. Dice Corrado Formigli: «Il grande problema è che se tutte le campagne elettorali sono fatte di promesse, questa lo sarà ancora di più: c’è aria da “venditori di pentole”, toccherà a noi giornalisti abbattere col machete quella coltre di propaganda». Inoltre, «i leader politici purtroppo hanno rinunciato al confronto tra loro già da molto tempo». Non si tornerà a “Tribuna politica”, perché «ormai non funziona più, il talk-show, in questo, è come il calcio: rispetto agli anni ‘80 ha altri ritmi ormai, tutto più veloce. A Piazzapulita abbiamo rimediato con interviste tambureggianti, cercando di far emergere le contraddizioni dei politici. Certo, manca la spettacolarità del duello tra i candidati premier…».

Alessandro Di Matteo, La Stampa

Exit mobile version