This England, ascesa e declino di un premier. Recensione della serie con Kenneth Branagh

Il ritratto del politico si sovrappone a quello dell’uomo nella serie in sei episodi di Michael Winterbottom. Kenneth Branagh si trasforma in Boris Johnson nel racconto della pessima gestione della pandemia da parte del governo Tory. In esclusiva su Sky Atlantic e in streaming solo su NOW dal 30 settembre

Un’ascesa fulminea, una caduta improvvisa e inesorabile. This England, la serie tv Sky Original disponibile in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in binge watching a partire dal 30 settembre, è un’operazione audace. Raccontare l’avvento a Downing Street di Boris Johnson e l’origine del suo declino, scavare tra le bugie del suo governo ed esporre le responsabilità individuali e collettive nella fallimentare gestione della pandemia di Covid-19.

TRA FICTION E REALTÀ

Scritta (insieme a Kieron Quirke) e diretta da Michael Winterbottom, la serie racchiude in 6 episodi e poco meno di 6 ore un arco temporale di 10 mesi circa. Winterbottom comincia il suo racconto alternando le immagini di repertorio alle scene recitate, poi le prime sfumano, lasciando spazio alle seconde, ma This England rimane una fiction a metà, con un legame fortissimo con fatti troppo vicini, nel tempo e nell’esperienza personale di qualunque spettatore.

IL DOLORE E IL POTERE

Un montaggio sapiente alterna le vicende del governo e dei comitati scientifici che gestiscono la crisi all’impatto più concreto della pandemia sulla vita delle persone, in un ping pong costante tra il cinismo sordo di un gabinetto più concentrato sui focus group e gli indici di gradimento che sull’emergenza sanitaria e il dolore delle famiglie costrette a dire addio ai loro cari attraverso una videochiamata su Facetime, due rette parallele destinate a incrociarsi quando ad ammalarsi e finire in terapia intensiva è il premier stesso. Il risultato è un impatto emotivo forte, con sentimenti di rabbia e compassione che si alternano e si mescolano.

RITRATTO, NON CARICATURA

Ma This England è soprattutto il ritratto di un uomo ben distante dalla caricatura rozza a cui ci siamo abituati, di un ex giornalista di grande cultura, capace di parlare fluentemente latino e greco citando i classici, amante di Shakespeare, Omero, Cicerone e Tucidide, ossessionato da Cesare, dall’Impero Romano e dall’idea di potere. Un uomo che sbaglia tanto ma non è certo incapace di slanci di umanità.

KENNETH BRANAGH È BORIS JOHNSON

Kenneth Branagh è straordinario nella sua rappresentazione di Boris Johnson. Non lo recita, lo diventa. Nelle espressioni del viso, nel tono di voce, nei tic, in quel balbettare carico d’ansia dei momenti di difficoltà. Ma il vero capolavoro viene compiuto nella rappresentazione dei momenti più intimi, del difficile rapporto con i figli più grandi, del sentimento d’amore che lo unisce alla compagna Carrie Symonds (Ophelia Lovibond). Un Johnson diverso, gentile, amabile e premuroso, in una parola: umano.

NON L’UNICO COLPEVOLE

Così ci si sorprende nel notare che non è lui il cattivo della serie. BoJo sbaglia e This England non gli fa sconti. E non potrebbe essere altrimenti: è il capo di un governo che tentenna a lungo e agisce tardi, finendo per rincorrere in costante ritardo una pallina che scende sempre più veloce su un piano inclinato. Lui stesso chiude gli occhi davanti al disastro che si sta compiendo inseguendo la chimera dell’immunità di gregge, una decisione che costerà decine di migliaia di vite, ma non è certo il personaggio più negativo.

UN CONSIGLIERE SCELLERATO

Attorno a lui, infatti, nuota un branco di squali, di ministri arrivisti e inadatti, capitanati dal Consigliere Senior Dominic Cummings (Simon Paisley Day), eminenza grigia delle sue campagne, il suo Agrippa, il genio della lampada della Brexit. L’uomo che dopo aver accettato obtorto collo il lockdown lo violerà pensando di poter restare impunito. E le cui Idi di Marzo anticiperanno di poco meno di due anni quelle del premier.


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