Tinto Brass: “Il sesso è libertà, per questo fa paura”. E loda Elodie

Fuori, il domestico di casa Tinto Brass raccoglie le foglie secche per bruciarle in fondo al prato, dove il bosco confina col giardino. Dentro, il sole disegna sul tavolo del salotto un’ombra lunga e scura: è quella del grande fallo di legno davanti al quale, fino all’ictus che lo ha colpito lo scorso luglio, il maestro si è sempre divertito a ricevere i giornalisti. «Ti ho portato i dolcetti», cinguetta una donna, abbassando il volume della tv e sistemando la coperta sulle gambe del marito.

Da quando l’ha sposato, due anni fa, Caterina Varzi è diventata la custode dell’archivio Brass, un capannone industriale dove cinque anni fa fu ritrovato il soggetto di un film inedito – La scatola cinese, o Intelligenza artificiale – scritto da Brass insieme a Crepax. Un sodalizio, quello fra il regista e il disegnatore milanese, che torna anche nel bel documentario di Giancarlo Soldi Cercando Valentina. Il mondo di Guido Crepax, evento speciale domani a Roma al cinema Lux (ore 21).

Cosa la lega a Crepax?
«Il modo di descrivere le donne. Mi sento vicino a lui, mi è sempre piaciuto. Valentina è un prototipo di libertà, ha una sensualità empaticamente brassiana. Dove passa lei lascia una scia di provocazione, irriverenza, sogno e anarchia. Condividiamo lo stesso immaginario».

Come vi siete conosciuti?
«L’ho letto, gli ho chiesto l’indirizzo e sono andato a trovarlo a Milano. Lui mi ha fatto cinque disegni per un film, Nerosubianco, per illustrare il sogno di Barbara, la protagonista. E poi lo storyboard di Con il cuore in gola. Erano 42 tavole. Abbiamo anche scritto un soggetto».

Quale?
«La scatola cinese, o L’Intelligenza Artificiale. È un’avventura in cui Valentina è prigioniera del dottor Krokowski, che la sottopone a un processo di disumanizzazione educandola all’odio. C’è naturalmente anche una forte linea erotica. Tutto il trattamento è illustrato da Crepax. Avevo anche pensato, a un certo punto, di fare un film con Manara».

E come è finita?
«Ci siamo incontrati, abbiamo parlato e bevuto tutto il giorno. Ci siamo ubriacati. Non abbiamo combinato nulla».

Qual è per lei il segreto di Valentina?
«La libertà, il suo non meravigliarsi di niente, il fare ciò che pensa sia giusto fare. All’inizio le femministe non la amavano. Ma le femministe non hanno il mito della libertà: il femminismo è la proiezione di un desiderio di potere, non di libertà. Massacrarono Crepax, me e Fellini».

E oggi?
«In parte mi rivalutano. Mi fa piacere».

Del #metoo che ne pensa?
«Che quello che raccontano le donne è sempre successo. I produttori nel mondo del cinema molestano le attrici. Una cosa orrenda. Io con le attrici avevo rapporti veri, belli. Con me si confidavano. Ero certo che il #metoo non mi avrebbe toccato. Se sui miei set succedeva qualcosa, e succedeva, era consensuale e alla luce del sole».

Oggi il sesso esiste sul web, poco al cinema.
«Hanno tutti paura del sesso e della libertà che conferisce a chi lo fa. In internet il sesso viene raccontato in modo meccanico, condizionato alla manifestazione di una sessualità maschile bruta e falsa. Le donne sul web perdono il mistero, gli uomini nascondono la fragilità. Pornhub è il nuovo buco della serratura. Lo trovo molto stupido».

Le piacerebbe fare un altro film?
«Ziva resta il mio sogno. L’ho scritto. Ma non so se… vabbè. Faccio fatica anche a muovermi».

Ce l’ha con la critica?
«In passato non mi ha mai riconosciuto niente. Ora parlano meglio di me. All’epoca di Col cuore in gola un famoso critico francese scrisse: “Il nipotino di Orson Welles diventerà un grande”. Ma fu l’ultimo mio film amato dalla critica».

Perché la critica non è riuscita a starle dietro?
«Sono io che sono stato sempre troppo avanti».

Le piace il cinema di oggi?
«Non mi piace e non lo vedo. Raramente trovo cose interessanti. Quentin Tarantino è bravo. Una volta venne a trovarmi a Torcello, abbiamo mangiato insieme, poi è andato a farsi un giro in barca. Quando è tornato si è fatto proiettare Col cuore in gola, una visione privata».

E le attrici contemporanee?
«Prive di espressività, tutte uguali. Sa chi mi è piaciuta? Ce n’era una interessante a Sanremo. Quella con i capelli corti, la cantante».

Elodie?
«Esatto. Elodie. Le presentatrici invece non le distinguevo una dall’altra»

Ilaria Ravarino, ilmattino.it

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