SKY ITALIA VERSO NUOVI BUSINESS, LA PAY TV DA SOLA NON BASTA

skyNel bilancio di Sky Italia srl per l’esercizio 2016 (terminato lo scorso giugno) saltano subito all’occhio un paio di dati: come infatti scritto ieri da ItaliaOggi, i ricavi da abbonamenti residenziali sono calati del 2,6% a 2,309 mld di euro (63,3 milioni di euro in meno rispetto all’esercizio 2015), nonostante gli abbonati a Sky siano cresciuti di 17 mila unità a quota 4.742.000 (giugno 2016) rispetto ai 4.725.000 del giugno 2015.
Sono i primi 12 mesi senza la Champions league di calcio, proposta in esclusiva da Mediaset Premium nel triennio 2015-2018.
Una esclusiva che, forse, aveva sin troppo spaventato Sky, e alla quale il broadcaster di Rupert Murdoch ha risposto con una politica promozionale molto aggressiva: dal luglio 2015, perciò, i nuovi abbonati a Sky hanno avuto una soglia di prezzo di ingresso piuttosto bassa, che in effetti ha portato pure a una discesa dell’Arpu (ricavi medi da abbonato), passato dai 43 euro del giugno 2015 ai 42 euro del giugno 2016. Questa politica, che prosegue anche negli ultimi mesi, ha comunque assicurato una costante crescita degli abbonati Sky, con una tendenza che va avanti pure nel primo trimestre dell’esercizio 2017 (luglio-settembre 2016), chiuso a quota 4.760.000 contratti.
Un secondo dato è che i ricavi complessivi di Sky Italia, a quota 2,801 miliardi di euro, sono invece cresciuti di quasi l’1% rispetto all’esercizio 2015. Tradotto, significa che nell’esercizio 2016 Sky Italia ha incassato 24,5 milioni di euro in più rispetto al 2015. Una grossa spinta è arrivata dalla raccolta pubblicitaria, che vale 240,8 mln e cresce del 14,5% (incremento rilevante se si tiene conto che dal 1° dicembre 2015 il tetto di affollamento pubblicitario delle pay tv è sceso, per legge, dal 18 al 12%. La crescita della raccolta arriva però soprattutto da Tv8 e dagli Europei di calcio). E poi dalle rivendite di contenuti a editori terzi. Nel monte ricavi, tuttavia, vanno a finire anche i 50,5 milioni di euro versati a Sky Italia da Nuova società televisiva italiana srl (azienda di Sky che dall’estate 2015 controlla Tv8) per l’acquisto di contenuti da trasmettere sul canale in chiaro. Una partita di giro che, in un bilancio consolidato, verrebbe annullata.
Comunque, a prescindere dalle politiche di bilancio (fare o non fare il consolidato) e dall’adeguamento ai principi contabili (regole che valgono per tutti. Ma Sky Italia, con le regole 2015, avrebbe chiuso il bilancio 2016 con una ventina di milioni di euro di utili, invece che con 38,1 milioni di perdite), quello che è interessante del mondo Sky Italia è il continuo movimento verso nuovi business. La pay tv, da sola, non basta più. Vale ancora l’82,4% dei ricavi, ma è un comparto in calo e dove, forse, ci potrebbero anche essere tensioni sulla redditività, tenuto conto dei necessari investimenti per adeguare di continuo le tecnologie digitali e le modalità di visione.
Ecco allora che Sky Italia si butta, ad esempio, sul business della tv in chiaro, in cui la concorrenza è feroce e dove non ha le best practice dal network Sky plc (non controlla tv in chiaro in Germania, Austria, Gran Bretagna o Irlanda), fa acquisizioni (basti pensare agli lcn per trasmettere Cielo, Sky Tg 24, e soprattutto Tv8), con start up che poi ci mettono sempre qualche anno per diventare redditizie. O, ancora, si lancia nel business della produzione di contenuti pregiati da rivendere nel mercato mondiale (da Gomorra a The Young Pope, passando per Diabolik). Quindi spinge sul mondo del cinema, con la produzione di film Sky (l’ultimo è stato Piuma) e dove dal 2017 diventerà ulteriormente grande protagonista con la nuova società di distribuzione controllata da Sky e partecipata da altri produttori indipendenti italiani. Sarà una nuova start up, con tutte le incertezze del caso.
Ma è il destino di Sky Italia. Che non può restare mai ferma per difendere il suo monte-ricavi complessivi. E che, proprio per questo, può anche accettare di chiudere il bilancio con perdite: lo ha fatto, di recente, nel 2013, 2014, e torna in rosso nel 2016, nonostante l’esercizio fosse nato sotto i migliori auspici, con la venuta meno dei pesanti costi per i diritti tv Champions league.

di Claudio Plazzotta, ItaliaOggi

 

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