I LIBRI IN TV COME IL CALCIO: NON BASTANO I CAMPIONI, BISOGNA GIOCARE

In «Quante storie» ognuno va per conto suo: Augias parla a un pubblico di over 60, Murgia dà un’immagine della lettura come sofferenza. Ingenui gli interventi di Viscardi

corrado-augiasUna grande scrittrice come Daria Bignardi, prestata temporaneamente alla causa di Raitre, dovrebbe porre più attenzione alla confezione di una rubrica sui libri, i tanto amati libri. È vero che ha coinvolto un grande e vispo scrittore come Corrado Augias, è vero che ha voluto una grande e non conciliata scrittrice come Michela Murgia, è vero che ha voluto le incursioni di una youtuber e grande scrittrice come Sofia Viscardi, ma in tv, come nel calcio, non basta avere dei campioni, bisogna dare loro un gioco. E qui, in «Quante storie» (quotidiano, ore 12.45), il gioco latita, ognuno va per conto suo e il programma proprio non esiste, basato com’è su un marketing primordiale: Augias (la Carrà del milieu culturale romano) funziona per un pubblico di over 60 e come tale si comporta: eccessivamente cerimonioso, fulminato ogni volta dal capolavoro, ideologico senza però mai dichiararsi. Michela Murgia è quella che legge i libri, bisogna riconoscerlo, però dà un’immagine della lettura come sofferenza e quarantena.
Una volta l’ho descritta come la sorella sgobbona di Geppi Cucciari (l’una ha scelto il cabaret, l’altra il convento) e credo di non essermi sbagliato. Lei è per gli over 40 e quindi può anche permettersi di stroncare qualche libro (un applauso). Alle sue stroncature, Augias reagisce con fastidio, non avendone mai fatta una in vita sua, avendo il terrore di inimicarsi qualcuno. Poi c’è Sofia, una fan di Saviano, che ha pubblicato un libro di successo, Succede: i suoi interventi sono di ingenua e imbarazzante fragilità. È la Emis Killa degli over 20. Forse occorreva costruire la trasmissione solo sulla Murgia (che in passato ha letto quattro volte il libro Un karma pesante della scrittrice Bignardi), forse bisognerebbe avere un rapporto più disincantato con i libri, forse converrebbe saper fare tv.

Corriere della Sera

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