Silvio Orlando e la sindrome dell’impostore: “mi fido solo dei giudizi negativi”

Le critiche possono atterrire, ma non è sempre così. Intervistato dal Corriere della Sera, l’attore Silvio Orlando ha parlato della imperterrita ricerca di opinioni negative poiché affetto da una malattia, che egli stesso definisce sindrome dell’impostore. Quando legge dieci buone recensioni, poi l’undicesima neppure lo stronca, ma evita lodi sperticate, pensa che sia l’unica sincera.

Nel corso della chiacchierata col noto quotidiano, Silvio Orlando ha raccontato le vicende personali determinanti nel diventare l’uomo – e l’interprete – attuale. Come da lui confessato, ha l’ansia di piacere a tutti: cosa impossibile. La depressione crede rappresenti una risposta pure politica: non esistono più gli operai, gli studenti, le masse, bensì individui che si sentono irrilevanti e, lasciati soli, hanno meno risorse per sopravvivere.

La moglie impedisce a Silvio Orlando di venire risucchiato in questo buco nero. Lo pedina, lo tutela, è il suo “cane da guardia”, ha commentato sarcastico. Inoltre, c’è il lavoro, che lo pone sempre a contatto con l’esterno.

Eppure, senso di solitudine lo avverte, forse derivante dalla scomparsa della madre quando era ancora un bambino. Un evento in grado di definire come uomo, ma che gli ha consentito di superare le avversità, grazie anche al prezioso supporto del padre.

Silvio Orlando ha perso la madre a nove anni. Dopo, ha pesato l’assenza, ma, prima, la malattia, durata quasi tre anni. Nel momento in cui si chiede cosa l’abbia reso l’attore che è, deve rispondersi che è stato esclusivamente quello. Quei tre anni. Se chiude gli occhi, vede tuttora la decadenza del corpo, l’essere solo male che ti rende spietato.

Da lì, l’idea che il peggio potesse capitare era nulla, se non uno spunto per ribaltamenti comici. Avere un papà simpatico lo ha aiutato: quando il prete dava l’estrema unzione a mamma, gli fece una delle sue facce buffe, ha concluso l’artista.

cinematographe.it

Torna in alto