‘Ladies in Black’, donne contro donne: “Un film che racconta l’immigrazione in modo positivo”

Al Taormina Film Festival il film ‘vintage’ di Bruce Beresford che racconta di un gruppo di commesse australiane che vedono con sospetto la nuova arrivata parigina. Protagonista, una splendida Julia Ormond: “Noi donne abbiamo bisogno di essere raccontate attraverso tante prospettive, anche quella maschile”

Il festival di Taormina apre con i sorrisi e i pensieri delle signore in nero, guidate da Julia Ormond. Di scena stasera al Ladies in Black di Bruce Beresford, una commedia vintage al femminile su un gruppo di commesse in un prestigioso gran magazzino di Sidney. La storia è ambientata nell’estate del 1959, quando l’impatto dell’immigrazione europea e l’ascesa della liberazione delle donne stava per cambiare l’Australia per sempre. Il punto di vista è quello di Lisa, una giovane commessa assunta per il periodo di vacanze, il suo sogno è fare l’università, magari diventare attrice di teatro, Shakespeare e Molière, ma nell’incontro con le colleghe più adulte compirà un viaggio di formazione e di emancipazione. Tra loro c’è il personaggio di Ormond, vista con diffidenza perché arriva dall’Europa, esperta di moda con esperienza a Parigi. Ad accompagnare il film, le signore sono in nero perché questo il colore delle uniformi da commessa, ci sono il regista Beresford (già autore di A spasso con Daisy), Julia Ormond – che abbiamo visto già attraversare gli Sessanta newyorkesi nella serie culto Mad Men – e Vincent Perez. Bereford spiega l’idea del film. “Si tratta dell’adattamento di un romanzo scritto da una ragazza che ha frequentato l’università con me (Madeleine St. John ndr). L’ho letto e ho subito pensato: è bello, divertente e racconta un periodo di storia d’Australia interessante, in cui c’erano molti immigrati dall’Europa, cosa che al tempo ha avuto un forte impatto sulla società. Ma il tema era trattato con leggerezza, cosa che mi piaceva moltissimo. Così ho preso subito i diritti cinematografici sul libro, negli anni Novanta. Ventitré anni dopo sono finalmente riuscito ad avere i finanziamenti per girarlo. Anche se nel frattempo ho fatto tanti altri film”. Secondo il regista l’immigrazione di oggi non è molto cambiata rispetto al periodo raccontato nel film “dopo la guerra molte persone europee, italiane, inglesi si trasferirono. Oggi invece i nuovi immigrati arrivano dall’Asia: cinesi, thailandesi. Il paese è diventato ancora più cosmopolita”. “Non è neanche cambiato il clima di sospetto che anche allora c’era verso lo straniero, verso chi non parlava inglese. Scattava il sospetto, le persone diventavano paranoiche, non si fidavano e quindi c’era una chiusura”.“La chiamata di Bruce per me è stata fantastica – racconta Julia Ormond – amo il suo cinema e poi mi piaceva l’idea del film che guardava ai migranti con uno sguardo positivo, raccontando di un incontro che aiutava la maturazione della giovane protagonista. Si racconta di una migrazione lontana, di persone che poi sono entrate a pieno titolo, si sono integrate, nella società australiana. Oggi ci troviamo ad affrontare temi simili. Anche il tono dell’opera e il lavoro di Bruce e la storia era importante, rispetto a oggi in cui affrontiamo gli stessi problemi. La sfida oggi è a livello globale e dobbiamo affrontarla tutti insieme, come pure i cambiamento climatico”. Aggiunge Vincent Perez: “Viviamo in Europa, oggi parlare di immigrazione ha sempre una connotazione fortemente negativa, drammatica. Mi piace l’idea di una storia che invece la racconta in modo positivo. Conosco e stimo Bruce da tanti anni, siamo amici, sono stato felice di stare su questo set”.Sulla storia al femminile interviene Beresford: “Penso che le donne siano interessanti quanto gli uomini, se non di più. La storia era molto buona e lo era anche la caratterizzazione dei personaggi. Ho pensato che non c’è una legge che vieta a un uomo di dirigere storie di donne”. Aggiunge Julia Ormond: “Noi donne abbiamo bisogno di essere raccontate attraverso tante prospettive, anche quella maschile. La diversità è importante per mantenere un equilibrio. Quello che è importante è il modo in cui siamo ritratte. Il mio personaggio è elegante e leggero. Ho pensato che forse era adatto a un’attrice con un altro tipo di silhouette. Invece Bruce ha insistito: è importante che sia tu, perché l’industria ha bisogno di dare diversità anche di forme e di taglie. Il personaggio non si esaurisce nei vestiti eleganti, è forte, passionale, è una donna dalle mille sfumature e questo è un concetto importante da comunicare”.Australia rétro. Oltre ai costumi accurati a ricreare una perfetta atmosfera anni Sessanta ci sono i luoghi: “Non è stato facile trovare le location giuste, Sidney è molto cambiata rispetto al 1959. Abbiamo dovuto farci aiutare dagli effetti digitali – racconta Beresford – Il negozio in cui è ambientata la storia esiste ancora, ma è stato ristrutturato e modernizzato. Ma abbiamo scoperto per caso che il settimo piano non era mai stato modificato, siamo riusciti a fare un accordo per girare lì molte scene, il resto lo abbiamo fatto su un set ricostruito”.

Arianna Finos, repubblica.it

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