Buon compleanno Anthony Hopkins. Oggi, il grande attore compie ottant’anni

Anthony Hopkins

«Quando ho compiuto 70 anni ho detto che stavo vivendo un giorno come un altro e che ero spesso felice. Ripeto le stesse parole dieci anni dopo pensando a un mio film e al suo titolo: The Remains of the day (Quel che resta del giorno)». Ride sir Anthony Hopkins, nato il 31 dicembre 1937, per tanti e per sempre lo psichiatra cannibale Hannibal Lecter e il protagonista di Casa Howard, ma per i più giovani Sir Burton in Transformers e Odino nella saga Thor.

E’ californiano d’adozione. «Per scelta, per un senso di libertà e per i colori di questa terra d’America che amo. A 62 anni sono diventato cittadino Usa, pur rimanendo Cavaliere della Regina Elisabetta, legato al mio Galles e alla mia carriera shakespeariana».

Ha molti impegni nel futuro e conferma di voler firmare il contratto per impersonare Benedetto XVI in The Pope, film Netflix diretto da Fernando Meireilles: il regista racconterà le dimissioni di Joseph Ratzinger e l’elezione di Bergoglio che sarà interpretato da Jonathan Pryce.

Ma Hopkins si considera soprattutto un pittore. Nella sua casa a Malibu ha un studio pieno di pennelli, tubetti di colori, quadri: qui sir Anthony si muove con estrema agilità tra pile di tele e cornici. «Dipingere per me è un modo di pensare e, in fondo, anche di vivere tra una pennellata e l’altra».

Lei ha detto che la sua è stata anche una vita di eccessi ma non rimpiange nulla…

«E’ vero. Gli eccessi sono utili. Posso svegliarmi e dipingere tutta la notte, ascoltare musica… In passato ho vinto dipendenze che mi avevano tenuto compagnia, penso all’alcol. Anche gli eccessi insegnano a vivere. Poi, come attore, devo credere a quello che leggo e poi recito. L’ho fatto quando ho interpretato Nixon, Hitchcock, un agente della Cia, Picasso o l’uomo che in Amistad difendeva una ribellione degli schiavi».

Recentemente ha recitato di nuovo con Emma Thompson nell’atteso «Re Lear». Che cosa le resta di tanti e fertili incontri della sua vita professionale?

«Mi resta proprio la passione per gli esseri umani, che va molto al di là della mia fama di uomo con un carattere difficile».

Lei è sostenuto dalla fede?

«Posso rispondere che sarà molto stimolante diventare un Papa perché, sì, credo che noi esseri umani siamo il risultato di una entità superiore. Questa è, in fondo, una forma di fede… Nel ruolo di Ratzinger, analizzare la transizione tra due Pontefici molto diversi tra loro mi spingerà anche a ripercorrere i passaggi cruciali della mia vita».

Ne vuole elencare alcuni?

«Mi sembrerebbe davvero arduo selezionare i momenti delle mie vite, i miei sentimenti… Tra le esperienze più recenti penso proprio a Re Lear che offrirà molte sorprese e analisi dei regimi dittatoriali in una versione moderna del dramma shakespeariano».

Lei ha interpretato il Male per eccellenza con il suo Hannibal Lecter…

«Il Male è nella realtà. E’ rappresentato soprattutto da ogni forma di razzismo e dogmatismo. Penso a Hitler, a Stalin…».

Come vive il consumismo di oggi, l’era digitale e tecnologica?

«Con serenità, dipingendo occhi curiosi e sempre aperti sul mondo nei miei quadri. Ho attraversato il tempo, ho vinto un Oscar, mi sono divertito sul set o guardando American Idol… Ho varcato molti fronti, sono stato a volte un outsider in Gran Bretagna e un californiano che non fa sport ma ama salire in macchina e andare verso il deserto… Credo nel pacifismo, nell’ambientalismo. Tutto questo mi rende orgoglioso».

È sposato dal 2003 con Stella Arroyave. Sua moglie è sempre al suo fianco, sembra aver dato molta serenità al suo complesso carattere…

«E’ vero. Sono stato un uomo solitario, a volte depresso durante i miei percorsi, mi piace dirlo, “verso Damasco”, nei miei tanti nuovi inizi. Stella mi è sempre accanto con discrezione, anche quando dipingo o suono il pianoforte. Con lei ho una vita ricca e nice. Un aggettivo dalle tante valenze, che ho imparato a usare in California e che nelle mie lunghe passeggiate sulle spiagge di Malibu spesso mi viene in mente. Mia moglie si occupa anche di antiquariato. Lo dico perché amo l’usura delle cose, i segni del tempo negli oggetti, nel mio mestiere d’attore e nella mia vita».

Giovanna Grassi, Corriere della Sera

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