EMILY BROWNING: «LA MIA ANSIA DA RED CARPET»

Emily Browning, attrice australiana dal volto angelico, debutta l’1 maggio nella serie American Gods. Dove interpreta una donna complicata, egoista e detestabile. «Che mi piace perché è verosimile»

Recitare, ma solo se la parte la conduce più lontano possibile da sé; viaggiare, ma per vedere e conoscere e non per lavoro; fare interviste, ma quando non ha una telecamera e le luci del red carpet puntati addosso. Emily Browning, attrice australiana graziosa come una bambola, ama i ruoli audaci e ostici come quello di Laura, croupier di casinò anaffettiva nella serie tratta dal romanzo omonimo di Neil Gaiman, American Gods, dal primo maggio su Amazon Prime. Nel libro fantasy, incentrato sullo scontro titanico tra le divinità antiche e quelle del Nuovo Mondo, il suo personaggio non è affatto gradevole, e lei l’ha voluto proprio per questo: «Laura è complicata, egoista, ma mi piace perché è verosimile» ha spiegato.
«Con lei avevo la possibilità di far empatizzare il pubblico con una persona sgradevole». Emily rigetta il delizioso e il piacevole, preferisce osare: «Quando mi hanno presentato il personaggio ho chiesto ai produttori di non dirmi che Laura era ‘il cuore e l’anima della storia’, perché mi sarei alzata e me ne sarei andata. Mi hanno detto che la si poteva considerare “la milza”, e io ho accettato».
Cosa vuole trovare in un personaggio?
«Laura non è amorevole, anzi a volte è detestabile. Non sa cosa vuole ma sa cosa non vuole, la sua vita. Io invece so cosa desidero, continuare a recitare. Non ho un piano per la mia carriera. Tutto quello che è connesso con la celebrità mi mette a disagio, ma se riesco a mantenere puro il mio lavoro, scegliendo solo parti che mi stimolano, allora sento di non aver venduto l’anima al diavolo».
Fa questo lavoro da quasi vent’anni, la sua relazione con la notorietà sarà migliorata…
«Assolutamente no. Non va affatto meglio, soprattutto se devo affrontare il red carpet. Ogni volta che devo calcarlo mi viene l’ansia, infatti apprezzo molto che American Gods vanti un cast molto esteso perché l’attenzione non si concentra tutta su di me. Quando vedo le foto di me durante le première colgo subito l’espressione di una che vuole scappare via».
In American Gods, e in passato in pellicole come il conturbante Sleeping Beauty, ha dimostrato di non avere affatto paura della macchina da presa.
«Perché non sono io. Adoro Laura, è un personaggio cinico che si trasforma in una donna che farebbe di tutto per amore senza diventare stucchevole, e quando la interpreto io divento lei. Perdersi completamente in un’altra persona per me è la cosa più vicina a un’esperienza religiosa. Giri, e non ti accorgi di essere circondata da una troupe di cento persone, uno che si mette le dita nel naso, l’altro che chiacchiera… Mi è capitato di girare scene d’azione e non rendermi conto di sanguinare: è molto diverso rispetto a essere davanti alla camera quando sei te stessa, mentre recito mi sento invincibile».
Qual è il migliore consiglio che le hanno dato sulla carriera?
«Non l’hanno dato a me, ma a un mio ex appena diplomatosi alla scuola di recitazione. Gli hanno detto una cosa buffa quanto efficace: “Recita in modo convincente!”».

Intervista di Lorenza Negri, Vanity Fair

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