IL FILM DEL WEEKEND: “GUARDIANI DELLA GALASSIA VOL. 2”

Il miscuglio di azione, comicità, sentimento e nostalgia anni ’80 funziona ancora. Stavolta però si va alla ricerca di una presa emotiva più profonda nei fan

Nel 2014 James Gunn con il primo “Guardiani della Galassia” trasformò dei personaggi quasi sconosciuti dell’universo Marvel in icone pop che fruttarono un incasso al botteghino di ben 773 milioni di dollari.
Il film era un delirio spassoso e colorato, un riuscito miscuglio di avventura spaziale, gag, riferimenti agli Anni 80 ed effetti digitali.
Il seguito conserva gli ingredienti di quel successo ma alza ulteriormente il tiro aggiungendo alla ricetta una grande dose di sentimenti.
Fin dalla scena dei titoli di testa, un piano sequenza nel quale Baby Groot danza sulle note di Mr. Blue Sky della Electric Light Orchestra mentre, sullo sfondo, i Guardiani affrontano un essere mostruoso, “Guardiani della Galassia Vol. 2” non solo si rivela confezionato ad arte ma si candida ad essere il blockbuster Marvel più divertente. Non pago di esibire l’anima spaccona e cialtronesca già nota ai fan del primo episodio, questo secondo mostra presto di saper giocare anche su altri piani, volto a esplorare la complessità emotiva della banda di bizzarri antieroi.
Il tema centrale attorno al quale prenderanno vita le diverse vicende sarà quello dei legami, affettivi e parentali. Peter (Chris Pratt) conoscerà finalmente la vera identità di suo padre, Ego (Kurt Russell), mentre Gamora (Rosario Dawson) dovrà risolvere il rapporto conflittuale con la sorella Nebula (Karen Gillan). Ci sarà tempo, in due ore e venti minuti di durata non privi di qualche lungaggine, perché si rifletta su cosa significhino davvero famiglia e paternità. Anche nei momenti dotati di una piccola solennità emotiva, “Guardiani della Galassia Vol. 2” non dimentica mai troppo a lungo di indossare leggerezza e sguardo ironico, piazzando a breve distanza una gag o una citazione nostalgica degli Anni 80, in modo da tenere sempre desto il retrogusto scanzonato. Perché la regola aurea del film resta sempre quella di non prendersi troppo sul serio.
Tra strizzate d’occhio burlesche a “Star Wars“, canzoni iconiche dei magici Eighties, potenziamento di vecchi personaggi come Yondu (Michael Rooker) e creazione di nuovi con volti celebri come quello di Silvester Stallone, si arriva al termine, non prima di aver contato ben cinque scene aggiuntive durante i titoli di coda.

Serena Nannelli, il Giornale

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