LA TV LIBERA NATA NEI BAR DI NAPOLI

Trasmetteva pagine di giornale e arrivò fino a Sanremo

L’inventore di quella che è considerata la prima tv privata via cavo italiana è un ingegnere, si chiama Pietrangelo Gregorio e a luglio compirà 89 anni. «Purtroppo», dice lui, anche se in 30 minuti di intervista telefonica lo si ferma a fatica per fargli le domande, mentre sciorina date, cifre, personaggi sulla sua tv, senza un attimo di esitazione.
Ieri a Napoli il Corecom Campania ha festeggiato i 50 anni dalla partenza di quell’avventura, presa a data simbolo dell’inizio avventura dell’emittenza privata in Italia.
In realtà sembra che un’altra tv via cavo fosse nata prima a Torino e c’è chi fa risalire la nascita delle private alla sentenza con cui si permise a Telebiella di trasmettere. Ma poco importa. Anniversari a parte, Telediffusione italiana – Telenapoli ha sicuramente una storia che merita, perché arrivò a essere l’emittente via cavo più importante d’Europa con 150 dipendenti di cui 15 giornalisti, 380 chilometri di cavo, 28 mila utenti. Arrivò persino a trasmettere il Festival di Sanremo contro il volere della Rai grazie a uno stratagemma: inventò i videoclip. E lo fece a colori, prima ancora della tv pubblica.
«La mia televisione nacque per una questione tecnica e di opportunità», racconta Gregorio. «Io producevo amplificatori per migliorare il segnale dell’antenna e permettere di ricevere i canali Rai.
Avevo messo su anche una fabbrichetta che realizzava questi dispositivi. Poi però arrivarono i concorrenti che producevano amplificatori migliori e a un prezzo inferiore. A quel punto mi era rimasto molto cavo e molti amplificatori e così mi venne l’idea: collegare televisori nei bar del centro di Napoli. All’inizio trasmettevamo gli articoli dei giornali della città e la gente era interessata, li leggeva. Piano piano sempre più bar ci chiesero di installare gli apparecchi».
A pagare erano gli sponsor e alle pagine dei giornali si aggiunsero i programmi musicali. Per primo quello con i Cabarinieri, un gruppo formato da Lucia Cassini, Franco Nico, Aldo de Martino e Renato Rutigliano. «La gente si divertiva e il loro spettacolo prese piede», continua Gregorio. «Li trasmettevamo dalle 6 alle 9 di sera, ma siccome non c’erano i videoregistratori i Cabarinieri dovevano ripetere il loro spettacolo di 20 minuti per tre o quattro volte in diretta, fino ad arrivare alle tre ore».
Telediffusione conquistò così i bar del centro e con i suoi cavi raggiunse il Bar Motta, su tre piani in via Toledo, il Gambrinus, passò da via Roma a Piazza Cavour e oltre. Con questa rete attiva Gregorio pensò di fare un’inaugurazione con i fiocchi e chiamò per uno spettacolo Nino Taranto, Angela Luce e Sergio Bruni. «Era il 26 aprile 1967 (di qui la data dell’anniversario, ndr)», ricorda il fondatore. «Fu uno spettacolo molto bello, tanto che lo riprendemmo cinematograficamente e poi lo ritrasmettemmo tante volte di seguito. Si usava il telecinema: una proiezione ripresa da una telecamera. Nel ’70 costituimmo la società Telediffusione Italiana – Telenapoli. Eravamo i primi a fare riprese a colori quando la Rai era ancora in bianco e nero».
Nel 1973 un altro colpo di genio: la Rai quell’anno non voleva trasmettere in tv ma solo in radio le prime due serate del Festival di Sanremo delle quattro totali. La scelta non fu gradita a molti artisti e criticata dai giornali. All’epoca era molto nota Telebiella, la televisione via cavo di Peppo Sacchi nata due anni prima che era riuscita a far riconoscere da un pretore la possibilità per le tv private di trasmettere via cavo rompendo il monopolio Rai. Sacchi però di fronte agli inviti a trasmettere le prime due serate del Festival che gli giunsero da più parti si tirò indietro e così fu Gregorio a offrirsi: trasferì le telecamere a colori e 3 mila metri di cavo a Sanremo e di lì avrebbe trasmesso il Festival in diretta in 50 locali della cittadina. Le cassette registrate, invece, sarebbero state trasmesse il giorno successivo da varie emittenti locali in Italia. La Rai, che peraltro trasmetteva ancora in bianco e nero, fece muro: se questo fosse avvenuto non avrebbe trasmesso nemmeno le altre due serate.
Un regista di Telediffusione inventò così i videoclip: i cantanti furono ripresi i giorni precedenti al Festival mentre si esibivano in diversi angoli di Sanremo e Telediffusione trasmise i filmati in contemporanea con il passaggio delle canzoni in radio nelle prime due serate della kermesse. Venti tv a colori nuove di zecca arrivarono in Galleria a Napoli per l’occasione e furono accese durante il Festival.
«Questo fatto dette fastidio al governo», dice Gregorio. «I tecnici e i dirigenti della tv pubblica volevano trasmettere a colori, il ministero non voleva spendere soldi. Il ministro Gioia, che non voleva il colore, emise un decreto che proibiva di trasmettere via cavo. Era previsto anche l’arresto. Una vera tragedia».
Gregorio non si perse d’animo: portò uno scatolone composto da un televisore e un videoregistratore nei suoi bar di Napoli, registrava i programmi negli studi di Telediffusione e poi mandava le cassette nei locali. «Andò bene per un certo tempo. Poi si tornò a poter trasmettere di nuovo via cavo e riprendemmo alla grande. Molti vennero a Napoli per conoscere la mia tv e qualcuno per acquistarla. Ne vendetti una quota ai fratelli Ubaldo ed Enrico Capozzi che ci misero 3 miliardi di lire. Nel 1975/1976 questa tv napoletana fu ritenuta la più importante televisione europea, tanti grandi giornalisti hanno cominciato qui. Iniziammo a fare gli abbonamenti per le case: raccogliemmo 80 mila clienti, a 20 mila lire l’uno. Un miliardo e 600 milioni di lire. Prendemmo anche ditte appaltatrici per installare i cavi, ma avemmo molte difficoltà e riuscimmo ad arrivare soltanto a 28 mila utenti. Nel frattempo, alla fine di luglio del ’76, arrivò la legge che liberalizzava le tv private via etere. Le tv via cavo iniziarono a crollare e così Telenapoli. Io poi ho fatto molte altre televisioni private, da Canale 21 in poi. Ma tutto è cominciato lì».

Italia Oggi

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